E' in mostra a Milano, fino al 10 ottobre 2020 l’artista israeliano Gideon Rubin, presso la Galleria Monica De Cardenas.
Quella che opera l'artista è un’operazione di sottrazione che permette all'utente di immedisimarsi nell'opera, proiettando l'immagine del se, laddove vi è sapientemente lasciato lo spazio.
Così Rubin, classe 1973 presenta un’antologica basata sul dicotomico processo di spersonalizzazione dei volti e appropriazione di universali gesti quotidiani.
I tratti somatici sono completamente assenti, a favore di altre parti del corpo che pongono lo spettatore in un dialogo empatico con l’opera stessa. Attribuire naso, bocca e occhi alle figure ritratte diventa secondario: le azioni che si immortalano sono talmente comuni da poter riguardare chiunque indistintamente e le pose dei raffigurati altrettanto riconoscibili da renderne comprensibile il carattere e l’intento.
Le immagini si pongono esattamente a metà strada tra rappresentazione e astrazione, sono spoglie, prive di indizi di lettura, fortemente evocative e rese maggiormente ambigue dall’apparente banalità delle scene. Rubin, utilizzando l’espediente dell’anonimato, propone una personale tematizzazione della raffigurabilità del volto in un’epoca in cui sembra aver perso ogni significato: la cultura dei mass media è impiegata dall’artista solo come fonte che rielabora in un originale linguaggio pittorico dai toni sabbiosi.
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