CENSURA GRANDE-DOPPIO ZERO

21 ottobre 2024

La svolta astrattista di Gai Candido: una scelta lessicale profondamente cogitata, in grado di “incantare” occhio e mente col suo lirismo magico.

La marea crescente della neofigurazione, l’imperversare di ogni sorta di performance e il frequente ricorso all’escamotage delle installazioni – per quanto paradossale – hanno trasformato l’astrattismo in una “scelta di nicchia”, quasi una “civetteria” per una ristretta cerchia di estimatori.

Scomparsa la spinta eversiva che lo aveva caratterizzato per gran parte del ‘900 – strumento di rottura rispetto alle convenzioni della tradizione figurativa e di critica nei confronti della figurazione propagandistica dei regimi nazi-fascisti e comunisti – il linguaggio astrattista ha via via perso la sua vis dirompente, apparendo sempre più come un mezzo espressivo per “raffinati anacronisti”, poco inclini ad accettare lo sfrangiarsi delle arti visive in una moltitudine di scelte estetiche. In tal senso, il “modus operandi” di molti artisti si concentra su “effetti sorpresa” a fini pubblicitari, piuttosto che su significativi contenuti tecnici e narrativi.

Si spiega così il recupero del lessico astrattista operato da Gai Candido; una scelta linguistica ben ponderata, che non rinnega le precedenti esperienze figurative. Le opere recenti non rappresentano una cesura rispetto a quanto dipinto in passato, ma piuttosto un desiderio di allargare gli orizzonti espressivi, abbandonando la fedeltà al dato ottico in favore di un’immagine che restituisca un puro precipitato psico-affettivo.

Un processo di filtrazione visuale, chiaramente percepibile anche nelle dimensioni dei supporti: carte di piccolo e medio formato e tele di un metro per un metro, tutte destinate a un coerente percorso di ricerca lessicale e narrativa, volto a risultati di crescente purezza ed essenzialità.

L’arte di Candido si caratterizza per una forza visiva che si rarefà man mano che si procede dalle opere più minute verso le più grandi, fino alle tele, in un graduale alleggerimento gestuale e coloristico che punta a un sublimato di lirismo magico. Non vi è gestualità compulsiva, ma un iter misurato e meditato, che consente di operare uno sfrondamento di ogni orpello visuale, giungendo a una levità poetica distintiva delle sue opere.

In esse persiste un “residuo figurale”, una velata suggestione delle produzioni passate, a conferma della coerenza immaginifica sempre orientata verso la magia visiva. Segni, tracce e forme si stemperano in un alchemico processo di raffinazione, non volto solo a esiti formali, ma all’allusione fabulatoria, all’incanto che pervade l’occhio dell’osservatore.

La mostra personale di Gai Candido, Censura Grande-Doppio Zero, curata da Giacomo Maltese, sarà visibile fino al 25 ottobre, dal lunedì al venerdì, dalle 17 alle 20, negli spazi di via D’Amelio 30 (Palermo).

 

di Salvo Ferlito

Foto ufficio stampa

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