L’esistenza delle anime gemelle
17 aprile 2025
"Dicono che alcune anime siano legate da fili invisibili.
Fili che non si spezzano, nemmeno attraversando secoli, guerre, vite.
Quando due di queste anime si sfiorano, il tempo si piega, lo spazio si annulla.
È come se l’universo intero facesse un passo indietro… per lasciarli riconoscere."
Ci sono incontri che non sembrano cominciare. Sembrano, piuttosto, riprendere.
Come se ci si fosse già visti. Come se le anime, prima ancora dei corpi, si ricordassero.
Non si tratta di magia, né di destino nel senso più romantico del termine. È un sussurro. Un’intuizione profonda. Un senso di casa nello sguardo di uno sconosciuto.
Il mito dell’anima gemella nasce da questa sensazione.
Platone, nel Simposio, immaginava che fossimo stati tagliati a metà dagli dèi e condannati a cercare, per tutta la vita, la nostra altra parte. Forse non è così letterale.
Ma chiunque abbia provato quello sguardo, quel silenzio che dice più di mille parole, sa che c’è qualcosa che somiglia a un riconoscimento antico.
Nel corso della storia, l’idea dell’amore predestinato ha mutato forma.
Per i romantici dell’Ottocento era un delirio sublime, una fame dell’anima.
Per Rousseau, era una memoria profonda, un richiamo della natura umana verso l’autenticità.
Oggi, invece, in un mondo che celebra l’autosufficienza e l’indipendenza emotiva, parlare di “anima gemella” può sembrare fuori luogo. Quasi ingenuo.
Ma se fosse, invece, il nostro modo più antico e vero di amare?
Carl Jung sosteneva che l’anima gemella è colei o colui che ci smuove dentro. Non ci consola, non ci completa, ma ci rivela. Ci costringe a guardarci davvero.
Ci mette a nudo, con delicatezza o con violenza. È l’incontro che non ti lascia come ti ha trovato.
Nel tempo della connessione costante, in cui tutto è accessibile, ma nulla è davvero profondo, abbiamo disimparato la lentezza dell’intimità.
La costruzione silenziosa di un legame. Abbiamo paura della dipendenza, eppure sogniamo qualcuno che ci veda fino in fondo.
Forse, oggi, l’anima gemella non è chi ci completa.
È chi ci riconosce nei dettagli più piccoli, quelli che nessun altro nota. È chi sa quando tacere con noi. Chi condivide uno spazio senza riempirlo, chi ci lascia essere senza aggiustarci.
Non sempre arriva con fuochi d’artificio. A volte si presenta sotto forma di una frase detta per caso. Un abbraccio che resta addosso. Un momento in cui il tempo sembra rallentare.
E forse, se siamo fortunati, succede. Succede di guardarci negli occhi e pensare: “Ti stavo aspettando senza saperlo.” Oppure: “Ti ho riconosciuto, anche se non ti avevo mai visto.”
Perché, in fondo, non ci innamoriamo davvero quando incontriamo qualcuno. Ci innamoriamo quando ci ricordiamo di lui.
di Giorgia Pellegrini
Foto libere da copyright
Video https://youtu.be/yKNxeF4KMsY
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