Siamo tutti POVERI
19 agosto 2016
di Nancy Malfa
I dati parlano chiaro: 4,6 milioni di persone vivono in condizione di povertà assoluta. Numeri alla mano, secondo le statistiche Istat, si tratta di cifre record relative all'anno 2015. Un picco spropositato che definisce gli italiani con l'etichetta più temuta dell'intero vocabolario. Dal 2005 ad oggi non si era mai registrata un'involuzione tanto tagliente per il Bel Paese. Ma cosa si intende realmente per povertà? L'aggettivo è distribuito secondo classificazioni in termini di bisogno. Non parliamo dell'irrefrenabile necessità di possedere il nuovo smartphone d'ultima generazione e neanche della vacanza a Formentera da spiattellare in giro per i social (nonostante si fatichi ad arrivare a fine mese). Il popolo delle apparenze farebbe bene ad abbassare lo sguardo mortificato verso terra. Per povertà assoluta infatti non si intende una perdita di valori generazionali, ma l'assenza di beni primari quale cibo, casa, igiene e un lavoro basico per il sostentamento umano. La notizia è stata definita come una vergogna nazionale. Al sud 4 famiglie su 10 sopravvivono a fatica, al nord le aree metropolitane sono le più a rischio insieme a uomini dai 40 ai 55 anni che svolgono il mestiere di operaio. La crisi martella le fabbriche, queste chiudono e lasciano allo sbando padri di famiglia che raggiunta una certa età, non riescono a trovare impiego a due passi dall'obbiettivo pensione. Ai giovani non va meglio. Rimangono in casa oltre la soglia prevista, non riescono a sposarsi, di conseguenza il cane che si morde la coda blocca le nascite (in netto calo rispetto agli scorsi decenni). Un ricircolo asfissiante di dati negativi soffoca costantemente gli italiani che nel tentare di boccheggiare, finiscono per respirare a pieni polmoni torbidi fumi di scarico. L'essenza della crisi tradisce ogni diritto umano. La famiglia media (formata da quattro o più persone), non riesce a permettersi l'università, compromettendo irrimediabilmente il futuro dei giovani, così si finisce quasi sempre a smettere di seguire i propri sogni per lasciare spazio a lavori sottopagati pur di mantenere viva la scintilla della dignità. Ripercussioni psicologiche e depressive si annidano alla base delle nuova involuzione. Il 50% delle persone che richiede assistenza alle mense e nelle associazioni di volontariato possiede nazionalità italiana, la maggiore etnia bisognosa dopo i rumeni. Cifre allarmanti per oltre 50.000 disoccupati che vagano senza dimora, calpestando quotidianamente ciò che gli è dovuto dalla nazione Italia.
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