"Zazà", primo successo canoro dell'Italia liberata17/4/2023
"Zazà", primo successo canoro dell'Italia liberata17/4/2023
di Giovanni Curatola
Come la languida e malinconica “Lili Marleen”, per notorietà anche trasversale (fu cantato su tutti i fronti e da soldati di opposte fazioni, ciascuno nella sua lingua) può definirsi la colonna sonora degli anni di guerra, le allegre, leggere e scanzonate note di “Dove sta Zazà?” costituirono a pieno titolo il primo, famoso e incontrastato, atto del repertorio musicale dell’Italia post-fascista. O meglio, di quella sua parte in cui il cannone aveva da poco cessato di tuonare. Nel 1944, infatti, con la penisola divisa in due, coi tedeschi ancora accampati da Roma in sù e con la Repubblica Sociale Italiana che stabilmente comprendeva più di metà territorio nazionale, nella Napoli “liberata” da un briciolo di mesi, imperversavano le note di “Dove sta Zazà?”, cantate da Aldo Tarantino.
Il brano, volutamente popolare e particolarmente congeniale a bande musicali con piatti, tromboni e grancasse in testa, racconta di un'ipotetica donna, Zazà, misteriosamente scomparsa durante la festa di S.Gennaro mentre si trova col fidanzato Isaia. Questi, dopo averla cercata invano, alla fine si “accontenterà” di sposare la sorella di Zazà. E’ in realtà una canzone nata un paio d'anni prima, nel 1942, quando il regime era ancora saldo e l’Italia - unita - in guerra contro gli anglo-americani. Partorita dalla fantasia di Raffaele Cutolo, musicata da Giuseppe Cioffi e affidata alla voce dell’attrice Elena Gray, ebbe sul momento un successo modesto. «A lanciarla – dichiarerà lo stesso Cutolo - furono (nel 1944) gli angloamericani. Napoli era diventata una sorta di retrovia di più fronti. I soldati stranieri che arrivavano a Napoli per poi essere dislocati nei vari scacchieri d’Europa, imparavano “Dove sta Zazà?” e, a loro volta, la insegnavano ad altre persone e ad altri popoli». Così in uno scenario ancora di miseria e devastazioni per la guerra appena finita, di cioccolata a stelle e strisce, di “sciuscià” e “segnorine” (prostitute di mestiere o improvvisatesi tali coi “liberatori”) ma anche di tanta voglia di rinascita e di lasciarsi alle spalle il passato, questa canzone fece scuola. E, cronologicamente, fu la prima ad essere esportata, tramite i soldati Alleati, appunto, all’estero, sebbene a Napoli, intanto, “la parola “Zazà” era passata ad indicare le ragazze che si accompagnavano ai negri americani, le cosiddette “segnorine” (Francesco Pollastro).
Nel 1945, quando gli echi della guerra si erano appena spenti pure in Nord Italia, la canzone fu incisa da Carlo Buti, paradossalmente una delle voci più celebri del precedente ventennio e voce anche della versione più popolare di “Faccetta Nera” di dieci anni prima (1935). Proposta anche in teatro e interpretata poi successivamente da tanti grandi artisti (Nino Taranto, Nilla Pizzi, Claudio Villa e Gabriella Ferri su tutti, fino a Gigi Proietti e Renzo Arbore), “Dove sta Zazà?” manterrà inalterata nei decenni del dopoguerra la sua popolarità in Italia e nel mondo, a dispetto delle parole del suo autore Raffaele Cutolo che, in un’intervista a Corrado negli anni ’70, minimizzò la sua “creatura” definendola "una canzone cretina come tante altre”. Smentita dai fatti, questa "cretinata" proprio per il suo ritmo semplice e lineare ma giulivo fu invece capace di ridare immediato lustro alla canzone partenopea (leggasi italiana in senso lato) e soprattutto, forse, ad accellerare nel suo piccolo la rimozione di lutti e orrori di una guerra da poco alle spalle.
TESTO
Era la festa di San Gennaro, / quanta folla per la via!
Con Zazá, compagna mia, / me ne andai a passeggiá.
C’era la banda di Pignataro / che suonava il “Parsifallo”
e il maestro, sul piedistallo, / ci faceva deliziá…
Nel momento culminante / del finale travolgente,
‘mmiez’a tutta chella gente, / se fumarono a Zazá!
Dove sta Zazá?! / Uh, Madonna mia!
Come fa Zazá, / senza Isaia?
Pare, pare, Zazá, / che t’ho perduta, ahimé!
Chi ha truvato a Zazá / ca mm”a purtasse a me…
Jámmola a truvá! / sù, facciamo presto.
Jámmola a incontrá /con la banda in testa…
Uh, Zazá! Uh, Zazá! Uh, Zazá!
Tuttuquante aîmm”a strillá: Zazá, Zazá,
Isaia sta ccá! Isaia sta ccá! Isaia sta ccá!…
Zazá, Zazá / za-za-za-za, / comm’aggi ‘a fá pe’ te truvá?!
I’, senza te, nun pozzo stá… / Zazá, Zazá, za-za-za-za…
Era la festa di San Gennaro, / l’anno appresso cante e suone.
bancarelle e prucessione… /chi se po’ dimenticá!?
C’era la banda di Pignataro, / centinaia di bancarelle
di torrone e di nocelle / che facevano ‘ncantá.
Come allora quel viavai, / ritornò per quella via.
Ritornò pure Isaia, / sempre in cerca di Zazá…
Dove sta Zazá?! / Uh, Madonna mia!
Come fa Zazá, / senza Isaia?
Pare, pare, Zazá, / che t’ho perduta, ahimé!
Chi ha truvato a Zazá / ca mm”a purtasse a me…
Se non troverò / lei, ch’è tanto bella,
m’accontenterò / ‘e trová ‘a sorella…
T’amerò, / t’amerò, / t’amerò,
pure a lei glielo dirò / che t’amerò:
T’amerò, Zazá! T’amerò, Zazá! T’amerò, Zazá!
Zazá, Zazá, / za-za-za-za… / che t’amerò ll’aggi”a cuntá…
Con tua sorella aggi”a sfugá… / Zazá, Zazá / za-za-za-za,
comm’aggi ‘a fá pe’ te truvá?! / I’, senza te, nun pozzo stá…
Zazá, Zazá, za-za-za-za… / I’, senza te, nun pòzzo stá!
Zazá, Zazá, / za-za-za-za-za…
© RIPRODUZIONE RISERVATA copyright www.ilgiornaledelricordo.it