RICCARDO VITANZA, "PAROLE & DINTORNI"
RICCARDO VITANZA, "PAROLE & DINTORNI"
di Giovanna Ferradini e Roberto Dall'Acqua
"Parole & Dintorni" è tutto ciò che ruota intorno alla musica quando smettono di suonare le note o meglio, prima di ascoltare la melodia della musica, c'è lui: Riccardo Vitanza, il signore delle parole. <<Il mio sogno era, fin da bambino, di fare il giornalista o il giornalaio, stare tra i giornali. Durante mia infanzia – vissuta in Eritrea fino a quando avevo undici anni – mi ricordo che mio padre mi portava in questo posto, al Lido di Massaua, dove sfogliavo i giornali. Prima di andare a giocare con i miei coetanei facevo una capatina nel luogo dei grandi, degli adulti, dove c'erano i giornali. Arrivavano dall'Italia – ti parlo del 1972-73 – periodici come Grand Hotel, Epoca e tanti altri. Li annusavo, prima di dargli un'occhiata e di sfogliargli; mi piaceva l'odore della carta>>. Riccardo Vitanza, il re degli uffici stampa, scopre il fascino dei giornali fin da bambino e <<la passione verso tutto ciò che è lettura e giornali; poi con gli anni si è trasformata>>. Il percorso del comunicatore di oggi prende il via, geograficamente, dal Tropico del Cancro; da quella povera e affascinante regione chiamata Eritrea. <<Lasciata l'Africa – racconta Vitanza - sono arrivato con i miei genitori a Frosinone, poi a diciotto anni eccomi a Milano, da solo, per cercare di fare fortuna Ricordo quanti sacrifici, quanti rospi ingoiati, quanta polvere; i ricordi sono veramente tanti>>. Avvocato e giornalista iniziano a diventare sogni proibiti e <<la figura del comunicatore nasce perché – lasciata giurisprudenza – volevo fare qualcosa nell'ambito della comunicazione. Sin da piccolo mi piaceva coordinare, gestire, organizzare, pianificare; fare il capo insomma>>. <<Mi ricordo – è sempre il carismatico fondatore di Parole & Dintorni a raccontare - che su una rivista che si chiamava Genius c'era un annuncio per la ricerca di un copyrwriter, siamo negli anni '85-'86, e trovo un'agenzia pubblicitaria di medio livello dove inizio a lavorare. L'architetto Tonini, il fondatore dell'agenzia mi scelse tra 40 aspiranti copy junior che, al contrario di me, avevano già un minimo d'esperienza. Prendevo 500 mila lire al mese e ne pagavo 350 mila d'affitto condividendo l'appartamento di viale Sarca insieme a due ragazzi calabresi, per cui non avevo i soldi per comprare assolutamente niente. Infatti, quando l'architetto andava dai clienti, mi fiondavo nel suo ufficio a fotocopiare i libri che parlavano di pubblicità>>. Un'altra tappa professionale di Vitanza è <<allo Zimba dove gestivo un bimestrale di cultura afro-latina; gestivo e coordinavo un parco di collaboratori che, poi, sono anche diventati collaboratori di Repubblica, del Corriere della Sera e di altre testate importanti>>. Poi c'è stata la necessità di sostituirmi anche all'ufficio stampa - perché io scrivevo solo i pezzi per l'ufficio stampa originariamente - e ricordo che il mio primo concerto fu Ziggy Marley – il tour del figlio di Bob, dove facevo di tutto: gestivo i fotografi, i giornalisti, stavo alla cassa accrediti - nel settembre dell''89 come freelance. Avevo, in quel periodo casa e ufficio in tre metri quadrati di stanza; tre anni dopo il mio primo ufficio, in una stanza insieme ad altre persone>>. Il leader della comunicazione di tanti artisti affronta diversi percorsi percorsi professionali ma attraversa anche tante vie milanesi; dalla prima casa di viale Sarca a via Teocrito, passando anche nelle abitazioni di tanti amici che lo ospitavano: << Quando entrai nel mio monolocale di 23 metri quadrati di viale Jenner mi sembrò di toccare il cielo con un dito, dopo avere passato un periodo in cui facevo tanti sacrifici e non c'era nulla. Lì nasce Riccardo Vitanza, ufficio stampa freelance>>. Gli anni volano via veloci e <<nel 1994 ho una stanza con un ufficio, che dividevo con un'altra persona e, insieme a quest'altra persona, avevamo chi che lavorava per tutti e due. Poi lui è andato via e nell'ufficio sono rimasto solo io>>. Arrivano le tappe fondamentali <<senonché, nel 2000, cambio ufficio e arrivo in questa sede dove sono ora, dove lavorano per me 15 persone tra dipendenti, stagisti e collaboratori esterni. Dieci sono inquadrati a tempo indeterminato e per un imprenditore è una grossa soddisfazione perché dai lavoro a dieci persone>>. <<Sono partito assolutamente da zero, non sono figlio d'arte né figlio di papà. Figlio di un benzinaio – morto senza sapere esattamente che lavoro facessi, la cui unica preoccupazione era che io pagassi le tasse - e di una casalinga; vengo da una mia famiglia povera, semplice, che ha sofferto tanto. Ho ricordi meravigliosi della mia infanzia, a cui attingo tantissimo, di quando ero in Africa; mentre ho ricordi pessimi, ormai offuscati, completamente cancellati della mia adolescenza di cui ho ricordi pessimi perché arrivando in Italia ho sofferto molto il mio passaggio dall'Eritrea all'Italia. A Milano sono arrivato nel 1984 quando - erano anni duri - gli anni dei paninari, della “Milano da bere”: trovavi ancora sui palazzi la scritta “non s'affitta ai meridionali”>>. <<Ricordi di grande sofferenza, di grandi sacrifici che mi porto dietro. Cosa voglio di più? - aggiunge Vitanza - una casa, al contrario dei miei genitori che non hanno potuto comprare nemmeno il letto dove hanno dormito, l'ho comprata, degli investimenti li ho fatta, ho una società che dà lavoro a dieci persone. Va bene così, sono già oltre il mio albero genealogico. Non mi serve volere di più perché, se cominci a volere di più, quel più non basta mai. Sono felicissimo di quello che ho ottenuto, tra molti rimpianti e rimorsi ho sacrificato sull'altare del lavoro molto della mia vita privata. Arrivato a cinquant'anni non ho famiglia, non ho bambini questo mi dispiace ma sono felice di quello che ho. Continuare così, mantenere quello che ho, dando così lavoro ad altri ed essere felice>>.
(2 - continua)
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