Piero Martinetti, libero pensatore1872-1943

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Piero Martinetti, libero pensatore1872-1943

di Giulia Licata

Piero Martinetti, professore di filosofia, in particolare filosofia teoretica e morale, viene riconosciuto per essere stato uno dei pochi docenti universitari, nonché l'unico filosofo universitario italiano, che rifiuta di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo. Pier Federico Giuseppe Celestino Mario Martinetti è il primo dei quattro figli (tre maschi e una femmina, senza contare una bambina che morì piccolissima) dell'avvocato Francesco Martinetti (1846-1921) e di Rosalia Bertogliatti (1846-1927). Dopo il liceo classico si iscrive a filosofia all'Università di Torino dove si laurea nel 1893 a soli 21 anni (tesi su Il Sistema Sankhya. "Studio sulla filosofia indianadiscussa con Pasquale D'Ercole, docente di filosofia teoretica). La tesi viene pubblicata dalla casa editrice torinese Lattes nel 1896 vince il Premio Gautieri. Dopo la laurea Martinetti si trasferisce all'Università di Lipsia, dove conosce il basilare studio di Richard Garbe sulla filosofia S??khya da poco pubblicato. Martinetti insegna filosofia nei licei di Avellino, Correggio, Vigevano, Ivrea e, per finire, al Liceo Alfieri di Torino (1904-1905). Nel 1904 dà alle stampe la monumentale "Introduzione alla metafisica. I Teoria della conoscenza", che - dopo che ottiene nel 1905 la libera docenza in filosofia teoretica all'Università di Torino - gli fa vincere il concorso per le cattedre di filosofia teoretica e morale dell'Accademia scientifico-letteraria di Milano (che nel 1923 diventa Regia Università degli Studi) dove insegna dal novembre del 1906 al novembre del 1931. Martinetti - particolare figura di intellettuale indipendente, estraneo sia alla tradizione cattolica sia ai contrasti politici che invadono il suo tempo, non aderisce né al Manifesto degli intellettuali fascisti di Gentile né al Manifesto degli intellettuali antifascisti di Croce. Simbolo, suo malgrado, di quei pochissimi letterati che criticano la prima guerra mondiale perché <<sovvertitrice degli ordini sociali pratici ed un'inversione di tutti i valori morali [...] dà un primato effettivo alla casta militare che è sia intellettualmente sia moralmente l'ultima di tutte subordinando ad essa le parti migliori della nazione [...] strappa gli uomini ai loro focolari e li getta in mezzo ad una vita fatta di ozio, di violenze e di dissolutezze>>. Nel 1923, dopo quelle che definisce <<circostanze pesantissime>> (marcia su Roma e l'ascesa al governo di Mussolini), rifiuta la nomina a socio corrispondente della Reale Accademia Nazionale dei Lincei. Nelle sue lezioni universitarie teorizza un sistema di filosofia della religione e, il 15 gennaio 1920, Martinetti apre a Milano una Società di studi filosofici e religiosi, formata da un gruppo di amici in <<piena e perfetta indipendenza da ogni vincolo dogmatico>> dove si trovano autorevoli intellettuali del panorama filosofico e intellettuale italiano dell'epoca e in cui tiene una serie di conferenze. In seguito ad una denuncia per «vilipendio della eucarestia», presentata da un certo Ricci al rettore Luigi Mangiagalli il 2 febbraio 1926, sottoscrive un memoriale in difesa dei propri corsi sulla filosofia della religione. Nel marzo 1926, incaricato dalla "Società Filosofica Italiana", organizza e presiede il "VI Congresso Nazionale di Filosofia"; chiuso d'autorità dal questore a causa di incidenti tra agitatori fascisti e cattolici Fondamentale l'opposizione di Padre Agostino Gemelli, fondatore e rettore dell'Università Cattolica, parte del Comitato organizzatore (quale rappresentante dell'Università Cattolica) ma che, per scelta di Martinetti, non è tra i relatori; così basilare la partecipazione, fortemente voluta da Martinetti, di Ernesto Bonaiuti, scomunicato "expresse vitandum" dal Sant'Uffizio che dette ai filosofi cattolici neoscolastici la scusa per ritirarsi dal congresso. Il 31 marzo del 1926 Martinetti firma con Cesare Goretti, segretario del Congresso, una lettera di protesta al rettore Mangiagalli: «Compiamo il dovere d'informarla che conforme al suo ordine il congresso si è sciolto senza incidenti. Sciogliendosi ha votato all'unanimità il seguente ordine del giorno di protesta..>>. Il professore, in una lettera a Guido Cagnola del 21 dicembre 1931, scrive:«Ella ora saprà che io sono uno degli undici (su 1225 professori universitari! ne arrossisco ancora) che hanno rifiutato il giuramento di fedeltà fascista e che perciò sono stati o saranno fra breve espulsi dall'università. Mi consolo d'essere in buona compagnia: Ruffini, Carrara, De Sanctis (lo storico), Levi Della Vida (l'orientalista), Volterra(il matematico), Buonaiuti e qualche altro. Mi rincresce non tanto la cosa, quanto il modo: e mi rincresce che si sia fatto e si faccia rumore intorno al mio nome. Ma come fare? Giurare per me era tanto impossibile quanto una impossibilità fisica: sarei morto d'avvilimento». Dopo questo suo rifiuto, Martinetti è messo in pensione d'autorità, e dal 1932 fino alla morte si dedicò unicamente agli studi personali di filosofia, ritirandosi nella villa di Spineto, frazione di Castellamonte (To), vicino al suo paese di nascita. Qui traduce i suoi classici preferiti (Kant, Schopenhuauer), studi Spinoza e termina la trilogia (iniziata con la "Introduzione alla metafisca" e continuata nel 1928 con "La libertà") scrivendo "Gesù Cristo e il Cristianesimo" (1934); "Il Vangelo" è del 1936; "Ragione e fede"  è completato nel 1942. Martinetti è arrestato in casa di Gioele Solari, dov'era ospite, in seguito a una delazione fatta da Pitigrilli (Dino Segre), agente dell'OVRA, e dal 15 al 20 maggio 1935 è incarcerato a Torino per sospetta connivenza con gli attivisti antifascisti di Giustizia e Libertà, benché del tutto estraneo alla congiura antifascista degli intellettuali che fanno riferimento alla casa editrice Einaiudi. Al momento dell'arresto, a detta della signora Solari, Martinetti disse una frase che aveva già sentito pronunciargli più volte: <<Io sono un cittadino europeo, nato per combinazione in Italia>>. Il suo declino fisico inizia nel settembre 1941, in seguito a una trombosi che menoma le sue capacità mentali, consecutiva a una caduta accidentale da un pero nella tenuta di Spineto . Nel 1942 subì una prima operazione alla prostata ma Martinetti, in attesa del secondo intervento, sfollato a Cuorgnè, muore il 23 marzo 1943, dopo aver disposto che nessun prete intervenisse con alcun segno sul suo corpo.

Pier Federico Giuseppe Celestino Mario Martinetti, Pont Canavese (TO) 21 Agosto 1872 – Cuorgnè (TO) 23 Marzo 1943

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