di Rita Vecchi
"Ho avuto una vita grigia...": una frase malinconica fu l'inizio di alcune tue confidenze, che rivelasti ad un amico. Soltanto dopo molti anni, venni a conoscenza di questo episodio.
Una vita grigia, come il fumo che ti avvelenò i polmoni e la gola, che intasò le tue arterie, rubandoti la salute e la possibilità di invecchiare (quante volte scherzasti sul tuo cognome!).
La tua vita, secondo me, avrebbe potuto tingersi di tanti colori che, fusi ed intersecati fra loro, avrebbero intessuto un arcobaleno di possibilità.
BIANCO: come le tue divise da lavoro. Grembiuli candidi da cuoco nelle immense cucine dell'ospedale, camici immacolati da infermiere, quando decidesti di passare dai fornelli ai reparti. Non considerando l'impatto emotivo della tua nuova mansione, iniziasti gradualmente a soccombere. E il bianco si tinse di grigio.
VERDE: il colore meraviglioso delle tue iridi, che assumevano riflessi di smeraldo intenso e trasparente quando ridevi! Il verde dei prati della tua pianura, dei campi in primavera, delle piante acquatiche che fluttuano nelle rogge. Il verde che ricreasti nelle aiuole curate del tuo orto, nelle fronde degli alberi da frutta, di cui eri tanto orgoglioso. Un giorno, però, il vicino di casa decise di costruire un'autorimessa: la perfezione geometrica del tuo orto ne risentì e dovesti sacrificare anche un prugno ed un albicocco. E il verde si tinse di grigio.
AZZURRO: un colore che amavi, non in modo evidente. Lo scoprii soltanto quando acquistasti la tua seconda automobile, nel 1975, anno in cui la gloriosa Primula decise di non funzionare più. Nel tornare da scuola, scorsi da lontano un baluginio di metallo celeste: era la mitica 128 S. Tu eri felice, come un bambino. Mi accogliesti giocoso e, insolitamente, anche poetico! "Ti piace il colore? Hai visto? È azzurra come il cielo, come il lago in estate..." Da quel giorno, quando ci si rivolgeva a quell'auto, si usò sempre il termine "l'azzurrina ". Nel 1988, terminò il ciclo naturale di sopravvivenza della tua auto. E l'azzurro si tinse di grigio.
ROSA: il colore che tradizionalmente si associa alla realtà femminile, declinata nelle sue infinite sfaccettature. Come padre di due figlie femmine, non nascondesti mai il tuo disappunto; eppure, fino a quando non compresi la profondità della tua delusione, ero così orgogliosa di te! (Frase dei miei tre anni: "Il mio papà è il ?più bellissimo? di tutti... e lo sposerò!") Ma furono soprattutto le perduranti incomprensioni ed i rapporti tesi con la mamma che deteriorarono completamente il clima della famiglia: la nostra casa, per te, non fu mai "nido"; mi fa malissimo pensare che tu spesso la considerassi una gabbia. Ed il rosa si tinse malinconicamente di un grigio scurissimo.
VARIOPINTO: come le custodie dei tuoi dischi e delle tue audiocassette... amavi tanto cantare e fischiettare; multicolori furono le tue passioni: le gare di bocce, le corse in moto, il calcio, la politica, l'amicizia, il formidabile senso dell'ironia, tutto emiliano... Purtroppo l'aggettivo "variopinto" evoca un ricordo tristissimo, risalente al periodo terminale della tua malattia: eri così dimagrito che non potevi indossare nessuno dei tuoi abiti. La mamma dovette acquistare per te una camicia da bambino. Quando entrai nella tua stanza, mi apparisti minuscolo, ancor più piccolo rispetto alla tua statura già modesta, e indossando quella camicia così colorata, mi apparisti come un pagliaccino triste. Faticosamente abbozzasti un sorriso pallido, appena accennato, per tentare di rassicurarmi, ma i tuoi occhi non mi guardarono: il tuo sguardo ammirava già "altri colori".
Giuseppe Vecchi, 4 Giugno 1935 - 29 Luglio 1994
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