Felice Pulici: uomo dal cuore delicato1944-2018
di Rosalba Panzieri
Io Felice lo conoscevo. No, non sono una tifosa, e per chi è lontano dal mondo del calcio, Felice non era un idolo. Però è proprio grazie a questo punto di vista decentrato dalla massa, posso dire "io Felice lo conoscevo". E non l'ho conosciuto da giovane, quando quello che siamo è ancora un'idea confusa che deve passare al setaccio di quello che diventeremo vivendo, giorno dopo giorno, esperienza su esperienza. Ho conosciuto l'uomo compiuto, che teneva insieme tutti i suoi frammenti. L'ho conosciuto dopo la sua malattia. E conosco Vincenzo, il dottore che gli ha rimesso a posto il cuore, e li ho conosciuti insieme, e mi riesce difficile pensare all'uno senza l'altro. Vincenzo anche ha conosciuto l'uomo compiuto, è stato il suo medico, ma questo non era che l'inizio del loro percorso di amicizia. Tanti oggi, tantissimi, hanno mille ricordi da raccontare, tutti ugualmente significativi, perché vanno a tessere la trama di quella vita intensa e luminosa che ha rappresentato Felice. Io però mi ricordo l'uomo, di quest'uomo straordinario vorrei portarvi un'immagine. Felice era un uomo dal cuore delicato, tanto da sorridere rispettoso quando, non sapendo chi fosse, l'ho messo fuori dalla porta mentre voleva assistere a delle prove di uno spettacolo e poi l' ho richiamato per farmi dare una mano a spostare un tavolino. È stato poi Vincenzo a dirmi chi fosse. Felice era un uomo dal cuore delicato, capace di presenza costante dove davvero serviva e mai scalpitante né presenzialista, però sapeva dare valore e significato alle cose importanti, quelle dell'anima, e questa è una di quelle qualità sempre più rare, che lo hanno reso campione nella vita, prima e dopo il campo di calcio. Io mi operavo al cuore, a Felice era già accaduto qualche anno prima. Ma non si è limitato a una pacca di comprensione sulla spalla, non mi ha fatto un autografo, è stata la figura più presente del mio percorso in ospedale. Veniva sorridendo in stanza, mentre i tubi ancora mi drenavano il sangue dal cuore. Veniva e portava sorriso, ci confidavamo paure. Non era mai al di sopra Felice, sapeva essere tra la gente. E non aveva paura di mostrare la sua tenerezza, altra grande virtù che i tempi correnti vorrebbero, truffandoci, far passare come una debolezza. Ci vuole coraggio a portare tenerezza, rimanendo non di meno retti, onesti, con la schiena dritta. Felice io lo conoscevo e sapevo quanto avesse il bisogno costante della vicinanza di Vincenzo. Si volevano bene veramente quei due. Anche questo è un merito di Felice, sapeva dire apertamente a chi voleva bene. Che sia un esempio che resti e ci guidi. Io Felice lo conoscevo, e mi ricordo che ti prendeva la mano e se la portava al cuore se ti voleva bene. E non ci riesco a pensarlo quel cuore grande che adesso non avrò più l'occasione di sentire. Io Felice lo conoscevo e gli volevo bene. I grandi uomini sanno guardare con occhi di bambino. E se lui adesso è a sorridere tra i cherubini in cielo, resta la tristezza per Vincenzo che quel cuore lo ha tenuto in mano e per tutti gli altri a cui ne ha fatto dono.
Felice Mosè Pulici - Sovico (MB) 22 Dicembre 1944 - Roma 16 Dicembre 2018
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