La parola alta e luminosa di Blaise Pascal ci immerge immediatamente nelle fondazioni esistenziali della fragilità. “L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura, ma è una canna pensante. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo.”L’Apoteosi della fragilità è una condizione disarmante del magma vulcanico, presente nelle opere dell’artista e restauratrice siciliana Fabiola Vizzini.
Il suo magma vulcanico esprime il desiderio di espandere il proprio stato d’animo alla ricerca di esperienze auliche, ma al tempo stesso è rivelatore di insicurezze inconsce che si pongono come una sorta di barriera emozionale prima di ottenere incommensurabili certezze.
Da questa analisi traspare la complessità emotiva dell’anima, la ricerca di conferme insite negli abissi viscerali tipica di un andamento altalenante tra malinconia e verità.
L’Apoteosi della fragilità, dunque, è l’allegoria di un’immedesimazione profonda all’interno di se stessi in un viaggio denso di contraddizioni tempestose. In questo senso, il fine ultimo dell’Arte è contribuire ad avvalorare le silenziose grida provenienti da un senso di solitudine in mezzo alla moltitudine.
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