Dagli anni '80 al terzo millennio - Calcio romantico?29/2/2020

Memoria per Dagli anni '80 al terzo millennio - Calcio romantico?

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Dagli anni '80 al terzo millennio - Calcio romantico?29/2/2020

di Giovanni Curatola

Chissà se ai tempi della mia infanzia il calcio era oggettivamente più bello, pulito, romantico e passionale di quello di oggi, o forse lo vedevamo tale perché eravamo noi più belli, puliti, romantici e passionali di adesso...?! La memoria, si sa, edulcora sempre i ricordi soffermandosi (o amplificandone) gli aspetti positivi e minimizzando (o addirittura rimuovendo del tutto) quelli negativi. Così entra in gioco l’effetto nostalgia, tanto più grande quanto più e laddove ben poca cosa appare l’oggi rispetto a ciò che è stato ieri. Questo vale per ogni aspetto della vita privata come quella pubblica, dalla politica allo sport.

Il calcio che è entrato prepotentemente nella mia vita praticamente coi Mondiali del 1982 in Spagna, ha vissuto di regole e automatismi più rigidi ma più semplici di quelli di oggi: il campionato era giocato tutto in contemporanea la domenica pomeriggio, le Coppe europee non prevedevano gironi ma solo sfide secce di andata e ritorno ed erano tassativamente disputate di martedì (Coppa UEFA), mercoledì (Coppa dei Campioni) e giovedì (Coppa delle Coppe). La squadra che vinceva lo scudetto nel proprio paese (e solo lei) andava in Coppa dei Campioni, la 2° e la 3° in Coppa UEFA, la vincitrice della Coppa nazionale in Coppa delle Coppe. Amen. Niente ranking, intertoto, fasi preliminari o cervellotici trasvasi da una Coppa all’altra in corso d’opera. La Coppa Intercontinentale, massimo trofeo per club, era annualmente assegnata a Tokio in una gara secca, altro che mondiale per club!

Due soli stranieri per squadra in Serie A, che era a 16 squadre contro le 20 attuali. Le ultime 3 retrocesse e le prime 3 della B promosse, senza play-off. Il “Processo del lunedì” era una delle pochissime trasmissioni tv che trattavano il calcio fuori la domenica, le televisioni a pagamento non se le sognava ancora nessuno, il calciomercato era limitato all’estate e a pochissimi (quasi nulli) ritocchi invernali. La vittoria valeva 2 punti, al totocalcio (unico gioco di scommesse legalmente riconosciuto) si vinceva col “13”, i campionati si affrontavano con rose di 16/18 giocatori (oggi la media è di 25/30). Con meno partite da giocare, c’erano di conseguenza anche meno infortuni. Gli arbitri vestivano rigorosamente di nero, non c’erano né terzi uomini a coadiuvare l’arbitro, né grandi recuperi oltre il 90° minuto o bombolette spray in caso d’infortunio. E gli allenatori in panchina, salvo casi davvero eclatanti, finivano tranquillamente la stagione in sella alla stessa squadra con cui l’avevano iniziata. Alla Coppa del Mondo partecipavano poi “solo” 24 nazionali, a quella d’Europa 8.

In tutto, i numeri erano dunque più contenuti rispetto a quelli attuali (anche di più della metà), a tutto beneficio del livello di gioco espresso. E questo non perché i calciatori di ieri siano stati più forti di quelli attuali, ma perché quantità e qualità (lo dice la matematica) sono sempre inversamente proporzionali. E più partite fai disputare in una stagione, allargando ogni competizione infarcendola di play-off, gironi e gironcini, da un lato certamente più soldi porti a casa da incassi al botteghino e dalla tv, ma dall’altro diluisci energie fisiche e riduci lo spettacolo complessivo. E gli stadi oggi meno pieni di una volta (non solo per colpa della tv) stanno a dimostrarlo.

A fine anni ’80, potremmo beffardamente dire quasi per non sfigurare davanti ai grandi cambiamenti che contemporaneamente stravolgono la mappa geo-politica dell’Europa (caduta del Muro di Berlino, crollo del blocco sovietico, dissoluzione dell’URSS, riunificazione tedesca, nascita dell’Unione Europea) anche il calcio si rinnova in maniera profonda e irreversibile, mutando volto rispetto a quello che avevo imparato a conoscere (e ad amare) io. Vediamo sinteticamente, competizione per competizione, i rinnovamenti più eclatanti.

Campionato italiano

Fino alla stagione 1992-93, la giornata consacrata al campionato è, com’è sempre stata, la sola domenica pomeriggio. Tutte le partite iniziavano allo stesso orario (tra le 16.00 in settembre/giugno e le 14.30 in inverno). Nell’estate 1993 irrompe nel calcio la tv a pagamento, e con essa il posticipo alla domenica sera di una partita di campionato, tranne nelle ultime 6 giornate. Qualcuno pensò che quest’immissione di denaro nelle casse nelle varie società fosse l’unico rimedio alla bancarotta del mono del pallone. Non è dato sapere, fatto sta che da allora (1993 Tele+, 1999 Stream, 2003 Sky e Mediaset e 2018 Dazn) il campionato è diventato sempre più “spezzatino” diluito fra il venerdì e il lunedì, con le squadre più blasonate sempre in anticipi/posticipi, la domenica pomeriggio ridotta a solo poche gare quasi sempre di scarso interesse e la contemporaneità delle gare ridotta alla sola ultima giornata, e neanche. Da segnalare, poi, che dalla stagione 1994-95 i punti a vittoria diventano 3 come in Inghilterra (questa, si, novità che porta notevoli migliorie, eliminando tanti pareggi di comodo e più o meno noiosi).

Capitolo stranieri: dal 1982-83 ogni squadra ne poteva tesserare massimo 2, saliti a 3 dalla stagione 1988-89 Nel 1995 la legge Bosman ha radicalmente mutato tutto: i calciatori di nazionalità dei paesi U.E. non sono più considerati stranieri, sicché questo status rimane agli extra-comunitari, tesserabili al massimo in numero di 3 per squadra. Paradossalmente (e già purtroppo verificatosi), una squadra italiana può scendere in campo con 8 comunitari non italiani e 3 extracomunitari. Se a ciò aggiunge la possibilità di un tecnico e una proprietà pure stranieri, ci sarebbe di che ridere. O piangere…  E l’Europa unita ha anche portato il proliferarsi anche da noi di agenzie di scommesse a livello continentale. Tutte legalizzate. Di recente introduzione (2018) è infine la VAR, a supporto dell’arbitro.

Coppa dei Campioni (oggi “Champions League”)

Ci si anticipava i compiti al giorno prima, i grandi quando potevano uscivano prima da lavoro. Perché il “mercoledì di Coppa” era sacro. Tabellone con scontri diretti di andata e ritorno dai sedicesimi di finale in avanti e accoppiamenti duri già dagli ottavi dopo le goleade più o meno agevoli al primo turno contro squadre lussemburghesi, cipriote, danesi o svizzere. Dalla cavalcata della Juve nel 1982-83 ai trionfi del Milan di fine anni ’80, passando per la finale di Roma (e della Roma) e per l’Heysel: nell’immaginario collettivo è sempre stata questa la competizione più importante, attesa, seguita. Il giocattolo, almeno per i tradizionalisti e sentimentali come chi scrive, si è iniziato a rompere nell’edizione 1990-91, vinta a Bari dall’unica squadra del’Est proprio nella fase finale dello sgretolamento del blocco sovietico: la Stella Rossa di Belgrado. Con le luci dello stadio di Marsiglia, che si spengono ai quarti di finale inducendo il Milan all’abbandono del campo, si spegna anche la favola del torneo con la sua collaudata formula. D’ora in poi, in nome del business, più partite, più squadre, più soldi, più diritti tv, gironi lunghi e a volte noiosi a discapito del più bello ed elettrizzante dentro o fuori. E alla Coppa si cambia nome: “Champion League, a cui ora con strani meccanismi può accedere anche la 3° o 4° classificata di un campionato mediocre. Tutto fa brodo, per carità, ma le “notti di sogni e di Coppe dei Campioni”, come cantava Venditti e che un tempo partivano da settembre, sono ora limitate ad aprile-maggio (quarti, semifinali e finale).  

Coppa delle Coppe

C’ero personalmente molto legato, perché oltre ad essere questa la Coppa esteticamente più bella e proporzionata, era anche la competizione più geograficamente curiosa, quasi esotica, dato che le vincenti delle rispettive coppe nazionali erano in genere meno blasonate (quando non addirittura semi-sconosciute dei paesi dell’Est) rispetto ai soliti squadroni triti e ritriti vincitori dei vari campionati. Della Juventus vincitrice nel 1983-84 e del cammino dell’Atalanta nel 1987-88 i ricordi più belli. Formula identica a quella della più “nobile” Coppa dei Campioni: sedicesimi di finale, ottavi e così via. L’ultima competizione disputata è stata quella del 1998-99, vinta dalla Lazio a Birmingham. Quindi, la sua soppressione e assorbimento nella Coppa Uefa in virtù degli incassi e dei ritorni tv che garantiva in misura minore delle altre due coppe europee. Fine di un ciclo.  

Coppa UEFA (oggi “Europa League”)

La 3°, e per importanza 2° coppa europea per club, ha avuto fino a fine anni ‘90 la stessa formula delle altre 2, solo che avendo un numero di partecipanti doppio (64) si partiva dai trentaduesimi di finale. L’Inter sempre battuta dal Real Madrid in semifinale, il Torino di Kieft del 1986-87 e della finale 1991-92 e i successi di Napoli, Inter e Juve a cavallo degli anni ‘80/’90 sono i flash più ricorrenti. Dalla stagione 1998-99 la competizione si apre ai ripescaggi dagli eliminati di Champions, quindi dal 2004-05 l’introduzione dei gironi e di altre diavolerie preliminari tipo Intertoto stravolgeranno il collaudato format in vigore dagli anni ’50 (quando ancora si chiamava “Coppa delle Fiere”). Sarà poi, nel 2009, il cambio denominazione (da Coppa Uefa ad “Europa League”) a dare il colpo di grazia alla tradizione.      

Coppa Intercontinentale (oggi “Mondiale per Club”)

Fino al 2004, le vincenti delle Coppe dei Campioni d’Europa e del Sud America (“Coppa Libertadores”) si sono contese il trofeo in gare prima di andata e ritorno, poi dal 1980 in una gara secca a Tokio, sede della “Toyota” che ha sponsorizzato la manifestazione. Oggi a contendersi il trofeo sono anche le rappresentanti degli altri continenti, sicché a dicembre in Medio Oriente va in scena un vero mini-torneo a 5/6 squadre detto appunto “Mondiale per Club”.

Coppa del Mondo

Dopo 20 anni di campionati del Mondo a 24 squadre (da quelli spagnoli del 1982 a quello USA del ’94, passando per Mexico ’86 e le notti magiche di Italia ’90), da Francia 2008 in poi si passa a 32 squadre. Ossia, il doppio delle partecipanti a ben 11 edizioni dei primi Mondiali (1930-78). L’inevitabile conseguenza è stata, oltre alla più bassa qualità delle singole partite, che con un numero di partecipanti alla fase finale così allargato, i gironi di qualificazione risultano meno competitivi e sempre più infarciti di gare inutili. I palloni, infine, dal 1990 in poi sono sempre più colorati, aerodinamici, supertecnologici. In parole povere, più leggeri.

Coppa d’Europa per nazioni

Quando, nel 1960, fu istituita, la Coppa Europa per nazioni prevedeva 4 sole squadre alla fase finale (2 semifinali, poi finali per il 3° e per il 1° posto. Amen). Salirono a 8 nel 1980, quindi sono raddoppiate nell’edizione svoltasi in Inghilterra nel 1996. Quella del 2020 prevede infine una formula ancora più allargata e prolissa.

In definitiva, la scelta se preferire il calcio di oggi a quello degli anni '80, in cui la Gazzetta costava 400 lire ed era un giornale anziché un magazine, spetta solo a noi che abbiamo vissuto il cambiamento. Non a chi è mancato il confronto, o perché morto ancora ai tempi della Guerra Fredda o ai nostri figli, nati e cresciuti nella modernità.

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