di Gaia Dallera Ferrario
È stata una storia d’amore, quella tra Marina Abramovic e Ulay, che ha fatto discutere e appassionare gli amanti dell’arte contemporanea la cui fine è stata celebrata con la famosa passeggiata sulla Muraglia Cinese, che avrebbe dovuto culminare con il matrimonio tra i due e invece si risolse nella storica separazione. Ha vissuto poi un’epilogo romantico in The artist is present, realizzata nel 2010 da Marina al MoMa di New York, in cui i visitatori venivano invitati a sedersi di fronte all'artista serba. Una volta arrivato il suo momento, Ulay si è seduto e ha guardato negli occhi per un minuto la donna amata per oltre un decennio: un incontro inaspettato e toccante le cui immagini fecero il giro del mondo.
Dieci anni dopo Ulay ci lascia: all’età di 76 anni, dopo una vita dedicata alla performing art.
Storiche le azioni realizzate dai due tra gli anni ’70 e ’80 in 12 anni di sodalizio: i famosi Relation Works che turbarono anche l’Italia, esordendo insieme come coppia d’arte nel 1976, in seguito all’incontro al De Appel di Amsterdam, con Relation in Space, alla Biennale di Venezia (dove la Abramovic era stata invitata) di quell’anno.
Quando Ulay incontra Marina nel 1976 è già un artista di 33 anni. La sua storia familiare è tragica: rimasto prematuramente orfano durante la Seconda Guerra Mondiale ha lasciato negli anni ’60 la Germania, una moglie e un bimbo piccolo per trasferirsi in Olanda. Qui si dà alla fotografia, con una fascinazione fortissima per le Polaroid, che diventa sempre più intimamente connessa con la performing art.
Negli ultimi anni della sua vita, oltre al Project Cancer, si è interessato molto al tema dell’ambiente, ad esempio nell’Earth Water Catalogue, progetto del 2012. Tra le ultime sue mostre alla Boers Li Gallery di New York nel 2018 e quella nel 2019 a Londra. In mostra alcune delle polaroid degli anni Settanta di Ulay e un film, Relation in Movement, girato nel 1977 a Parigi: qui Ulay e l’ Abramovi?, alla guida di un furgone, girano in tondo nello spazio antistante il Musée d’Art Moderne di Parigi e il Palais de Tokyo. Ulay è al volante mentre, attraverso la finestra aperta, l’Abramovic sta gridando il numero di giri completati tramite un megafono (che non può essere ascoltato nella registrazione del video), fino a notte fonda. Completavano l’esposizione autoritratti in polaroid sul tema dell’identità che raffiguravano l’artista truccato da drag-queen. Lo Stedelijk Museum di Amsterdam ha annunciato di recente una sua mostra che ne ripercorrerà il lavoro prima e dopo la sua collaborazione con Marina e che inaugurerà a novembre 2020.
Gaia Dallera Ferrario | www.gaiafe.com
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