L'era del sospetto8/6/2020
L'era del sospetto8/6/2020
Nell’arco di qualche mese abbiamo attraversato l’incoscienza, la paura, il senso di repressione, la voglia
di libertà e ci siamo diretti inesorabilmente verso il sospetto. Viene detto e scritto di tutto sul Corona
Virus che proprio come un Re, che divide per imperare, ha provocato una sorta di paranoia collettiva
che come scheggia impazzita, da un lato, ha prodotto un nuovo ordine di negazionisti e fatto credere che
la nostra salute non sia mai stata in pericolo, e dall’altra che il pericolo concreto e reale è stato messo in
circolazione volontariamente per infinite fantascientifiche ragioni, per arrivare a creare estrema
confusione alimentata da un’abissale ignoranza che contorcendosi in un intreccio di vere, verosimili,
false informazioni e fantasie deliranti, ha formato un potpourrì secondo il quale ci sarebbe un capo di
governo che intenderebbe renderci robot attraverso l’iniezione di mercurio con un chip per il tramite
del 5G, per far innalzare la temperatura corporea e portarci alla morte. Fin qui si può fare riferimento
ad un macro-sospetto. Parallelamente si è assistito allo sviluppo di un micro-sospetto; quello verso lo
sportivo; il vicino di casa; gli animali domestici.
Nel voler trovare un corrispondente disegno altrettanto fantasioso, mi viene in mente la cervellotica
trama del film “I Soliti Sospetti” uscito nel 1995 per la regia di un giovane Bryan Singer interpretato da
due mostri sacri: Kevin Spacey e Benicio del Toro. In California una nave esplode e un noto criminale,
Dean Keaton, viene ucciso nella stiva da qualcuno che ha appiccato il fuoco e l’equipaggio viene
sterminato. Un solo sopravvissuto, un piccolo delinquente storpio, Verbal kint, viene interrogato da un
poliziotto della Dogana, David Kujan. Inizia così il lungo flash back di Verbal Kint secondo il quale sei
settimane prima si era trovato inspiegabilmente in un confronto all'americana con quattro noti criminali:
Dean Keaton, ex poliziotto corrotto; il violento McManus col socio di rapine Fenster; lo specialista in
esplosivi Todd Hockney. Dall'incontro era nata l'idea di tendere una trappola ad un gruppo di poliziotti
corrotti che servendosi di automobili della polizia permettevano a trafficanti di droga e smeraldi di
consegnare merce e ritirare soldi. Il colpo riesce e l'organizzazione smantellata. Poi il ricettatore a Los
Angeles dà loro un'altra indicazione per rapinare gli smeraldi di un texano. Ma tre uomini restano uccisi
e sui quattro criminali si allunga l'ombra di un fantomatico boss, che li ricatta tramite il suo avvocato
Kobayashi. Fenster, che vuole dileguarsi e che viene trovato morto. I loro dossier sono nelle mani del
misterioso Keyser Soze, che tramite l'avvocato ordina loro di uccidere l'equipaggio di una nave di trafficanti
rivali argentini, eliminare il carico di droga e tenersi il denaro. Invano Keaton cerca di
eliminare Kobayashi: costui conosce fatti e misfatti di ciascuno, ed ha ingaggiato l'amante di Keaton,
avvocato, per ottenere la sua naturalizzazione e minaccia di ucciderla. L'impresa viene compiuta, ma
dopo aver eliminato l'equipaggio, e perso Todd, ucciso da un ignoto killer, McManus e Keaton si
accorgono che non c'è droga a bordo. C'è invece un argentino, Mendoza, che Dave sa essere l'unico
capace di identificare il misterioso Keyser Soze, e che questi uccide. A David viene riferito da un
collega che all'ospedale un marinaio ungherese scampato ed ustionato ha fatto il nome di Soze, che egli
crede essere Keaton. Ma Verbal si rifiuta di credere che l'amico lo abbia tradito. Il poliziotto che
interroga lo storpio si convince pian piano della veridicità del racconto e decide di rilasciare
l’interrogato che si allontana dall’ufficio di Kujan e dopo pochi passi lo zoppo ritrova per incanto l'uso
dell'arto offeso e risale a bordo di una lussuosa limousine che lo aspetta. Intanto Kujan riflettendo con lo
sguardo alla parete dietro la propria scrivania resta attratto da uno dei numerosi appunti, biglietti,
fotografie appesi da lui stesso e solo a quel punto nota che in uno di questi biglietti c’è uno dei nomi
indicati nell’intricato racconto dello storpio. Solo allora si rende conto che era tutto falso. Di corsa esce
a cercarlo ma ormai è troppo tardi.
Dal punto di vista giuridico e processuale il sospetto, il semplice indizio, non possono determinare la
condanna dell’imputato. L’art. 192 c.p.p. dispone: “il Giudice valuta la prova dando conto, nella
motivazione, dei risultati acquisiti e dei criteri adottati”. Il libero convincimento del Giudice trova il
limite dell’obbligo di motivazione, per soddisfare il quale è tenuto a ricostruire il percorso logico-
conoscitivo e a trarne quindi determinate conclusioni. “L’esistenza di un fatto non può essere desunta
da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti…” Essi devono quindi consentire di
ricostruire il fatto, la vicenda storica oggetto delle indagini, in senso univoco e comunque tale da
escludere altre ragionevoli ipotesi. La Corte di Cassazione ha statuito che in tema di valutazione della
prova indiziaria, infatti, il giudice non può limitarsi ad una valutazione frammentaria degli indizi, né
procedere ad una mera sommatoria di questi ultimi, ma deve valutare, anzitutto, i singoli elementi
indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo
verosimili o supposti), saggiarne l’intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica) e poi
procedere ad un esame globale degli elementi appurati, per accertare se la relativa ambiguità di ciascuno
di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il
reato all’imputato “al di là di ogni ragionevole dubbio” e, cioè, con un alto grado di credibilità
razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di
qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali, ed estranee all’ordine naturale delle cose e della
normale razionalità umana.
affermativi bensì di negazione: “a-letheia” è ciò che “non” si nasconde, si svela. Così come in
termini di negazione pure si definiva il “dubbio”: “a-poria” è la strada che “non” è tracciata in modo
chiaro e visibile.
Dal punto di vista psicologico il “sospetto” caratterizza una patologia della personalità che in questo
periodo pare abbia avuto una sesquipedale espansione. Si tratta di persone sfiduciate e sospettose che
vedono intenzioni malevole nelle azioni degli altri. Sono molto sensibili a ciò che accade intorno a
loro e cercano anche nei messaggi insignificanti, conferma alle loro peggiori ipotesi. Credono che
tutti i loro problemi siano causati dagli altri. Tendono a vedere nelle altre persone aspetti di sé che
non accettano e si sentono continuamente offesi, maltrattati, vittimizzati dagli altri serbando rancore
per offese, affronti o torti per molto tempo. La personalità è formata da tratti, cioè modi costanti di
percepire, rapportarsi e pensare nei confronti degli altri e di se stessi. Se tali tratti sono rigidi e
immodificabili, tanto da causare un disagio o un danno alla persona stessa o chi li circonda, si parla
di Disturbo di Personalità, cioè di un insieme di esperienze interiori e di comportamenti che deviano
rispetto agli standard culturali. Avere dei tratti paranoidi o antisociali non basta a fare di un soggetto,
uno psicopatico; è importante però come li si usa, ossia a quale livello evolutivo i tratti sono
collocati.
L’esperienza in particolare di questo ultimo periodo e le davvero allucinanti teorie, che leggiamo
continuamente sui social, denotano un inquietante e diabolico elemento: le paranoie, gli aspetti
antisociali, i tratti negativi della personalità umana hanno sostituito un elemento non solo davvero
sano, ma fondamentale: il “senso critico”, ormai sconosciuto a molti e spesso ben poco sviluppato.