Boniek - Ricordi giovanili del "bello di notte"31/3/2021

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Boniek - Ricordi giovanili del "bello di notte"31/3/2021

di Giovanni Curatola

Bydgoszcz, 366.000 abitanti, è oggi l’8° città polacca. Col suo nome per noi impronunciabile (una sola vocale in 9 lettere!) è adagiata nel punto in cui l’affluente Brda va a gettarsi nel fiume polacco più grande la Vistola, più o meno a metà strada fra Varsavia e Danzica. Sviluppatasi nel ‘700, in piena età prussiana, col nome di Bromberg, dopo una breve parentesi polacca tornò prussiana (ossia tedesca) per poi essere ceduta alla Polonia dopo la I guerra mondiale. Invasa nel 1939 dalle truppe hitleriane, tornò definitivamente alla Polonia, insieme a tutta la parte tedesca al là dell’Oder, nel 1945, col nome attuale di Bydgoszcz. Di detta località, inclusa la sua passata oscillazione storica tra le sfere tedesca e polacca, non sarei probabilmente mai venuto a conoscenza, se la curiosità non mi avesse portato ad approfondire il luogo di nascita di uno degli idoli calcistici della mia adolescenza: Zbigniew Boniek. Il giocatore polacco, dopo aver trascinato coi suoi gol e i suoi scatti fulminei una mediocre Polonia nientemeno che al 3° posto al mondiale spagnolo del 1982, è chiamato ad affiancare sua maestà Michel Platini nel reparto d’attacco della Juventus. E se Michel è Michel, ossia il n.1, questo polacco baffuto, rosso di capigliatura e dall’aria fiera e risoluta, riscuote subito tutta la mia simpatia e la mia ammirazione. Anche perché la fantasia di me bambino di 10 anni mi fa accostare le sue caratteristiche fisiche sopra citate a un eroe di avventure conosciuto nei romanzi e in tv: Michele Strogoff.

Nel 1982 dunque, per poco meno di 2 miliardi e mezzo, Boniek passa dunque dalla squadra polacca del Widzew Lodz alla Juventus. Convivere subito con tante stelle e tanti campioni del mondo non è facile, e il polacco, frattanto soprannominato “Zibì”, all’inizio stenta. Soprattutto in campionato, dove le stelle di Paolo Rossi, Platini e di un Bettega a fine carriera brillano di più della sua, e dove la sua naturale propensione all’anarchia tattica deve piegarsi agli schemi di Trapattoni. Partita dopo partita, però, il polacco trova la giusta amalgama coi nuovi compagni, anche al di fuori dal campo. E con Michel Platini verrà fuori un'amicizia profonda e sincera. Ma se il campionato vede Zibì autore di sole 5 reti (3 in Coppa Italia, che comunque la Juve vince), nei momenti salienti della Coppa dei Campioni (allora fatta solo di scontri diretti) Zibì fa sempre la sua egregia figura. Le sue reti e le sue giocate contribuiscono a portare la Juve alla finale di Atene e a fargli affibbiare dall’avvocato Gianni Agnelli un appellativo che porterà sempre con orgoglio e simpatia: “bello di notte”. Accade che, durante un ricevimento di gala, l’Avvocato presenti i suoi gioielli stranieri all’ex segretario di Stato USA Kissinger. Indicando Platini gli fa: “Questo è il bello di giorno”. E, passando poi a Boniek: “E questo, invece, è il bello di notte”.

Tanto per onorare tale appellativo, “Zibì” risulta decisivo intanto nella conquista da parte della Juve del Mundialito dell’estate 1983, poi soprattutto nella finale di Supercoppa Europea 1983-84 contro il Liverpool (decisa da una sua doppietta) e nella conquista della Coppa delle Coppe, dove il polacco segna 4 reti, tutte decisive. I gol in quel campionato, che la Juve pure vince, sono solo 3. Ma il campionato, soprattutto allora, si gioca tutto e sempre di giorno…  

Entrato definitivamente nel cuore della tifoseria, “Zibì” medita coi suoi compagni vendetta per quella Coppa dei Campioni balordamente sfuggitagli 2 anni prima ad Atene. E se nel campionato 1984-85 è ancora roi Michel a brillare più di lui (il polacco metterà a segno 6 reti, il francese 18 con cui vincerà per il 3° anno di fila capocannoniere del torneo), di sgroppata in sgroppata il “bello di notte” si ritrova coi suoi nuovamente in finale. E’ il 29 maggio 1985, e “Zibì” già sa che comunque vada sarà quella l’ultima partita in bianconero. Per la prossima stagione è atteso infatti alla Roma, che dopo un interesse di 3 anni addietro sfumato per problemi col governo polacco, si è rifatta sotto facendo alla Juve un’offerta sostanziosa. La finale dell’Heysel contro il Liverpool si sa purtroppo bene come finisce (nel sangue), e Boniek, su cui è stato commesso il fallo che porterà Platini a realizzare il gol vittoria dal dischetto, devolverà i 100 milioni di premio-partita alle famiglie delle vittime. Andandosene lui, la Juventus delle meraviglie chiuderà un ciclo, quello del triennio delle mie scuole medie: 1982-85. Si, vincerà la Coppa Intercontinentale e resterà ancora, per un paio d'anni, Platini. Ma non è più il Michel dei tempi migliori, e poi senza "Zibì"la Juventus inizia a perdere qualcosa in termini di simpatia.  

A Roma “Zibì”, nonostante provenga dalla Juve (che nel frattempo ha provveduto a rimpiazzarlo col danese Laudrup), è accolto nell'estate 1985 con grande affetto da compagni e tifoseria. Resterà in giallorosso 3 anni, sfiorando uno scudetto e non facendo rimpiangere il brasiliano Falcao. Nel 1988 appende le scarpe al chiodo, restando a vivere a Roma, dove abita tuttora. Dopo un quinquennio da allenatore in squadre italiane del centro-Sud (Avellino, Lecce, Bari e Sambenedettese) e una brevissima parentesi alla guida della nazionale polacca, si mette le vesti in cui lo troviamo tutt’oggi, quelle di commentatore televisivo. Per confermare, col microfono sulla giacca in uno studio della Capitale, tutta quella verve di simpatia, caparbietà nelle proprie tesi e onestà intellettuale che l’ha sempre contraddistinto. Proprio come dimostrò il suo simile, Michele Strogoff, nella sconfinata steppa siberiana…

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