di Salvo Ferlito
L’accurata analisi della condizione dell’uomo contemporaneo negli impietosi autoritratti del pittore palermitano Roberto Fontana
Corporeità svilite e dolenti, rese anonime e seriali da un ingravescente processo di riduzione del soma allo stato di mera “cosità”.
Una vera e propria mortificazione dell’individualità, che Roberto Fontana ha saputo analizzare e tradurre visualmente con quell’approccio impietoso e senza remore che ne contraddistingue da sempre la peculiare cifra artistica ed estetica.
Poco importa, quindi, che egli abbia condotto questa sua ricerca per immagini attraverso dei reiterati meccanismi di proiezione soggettiva (puntando sul proprio autoritratto come icona elettiva e prioritaria), poiché quel che conta veramente – in tal nuova riflessione sullo “stato delle cose” – è la ferma volontà di incarnare in un credibile feticcio una dilagante condizione di palese disturbo degli equilibri psiche-soma, facendone non tanto (o non soltanto) l’espressione d’un disagio strettamente personale, quanto – piuttosto – il paradigma d’una più diffusa situazione di malessere e patologia dell’intera società. In tal senso, l’insistita reificazione della dimensione corporale (e con essa il contestuale annichilimento di quella psicologica), di cui Roberto dà ampiamente conto con la sua pittura, si fa segno “patognomonico” – chiaro e incontrovertibile – d’una “casistica” sempre più estesa ed evidente, i cui sintomi inequivocabili (e purtroppo irrefrenabili) affiorano con sempre maggior frequenza attraverso le maglie d’un pur capillare (e assai cogente) sistema di “profilassi” e “terapia” (cioè “controllo”) d’ogni sorta di ipotetica “devianza” dalle norme convenute.
A fronte d’una così insistita pressione omologante esercitata dal contesto, in assenza di volontà o capacità di assimilarsi, lo scivolamento verso una dimensione separata di solipsismo – in cui il contrasto ormai insanabile fra immagine esteriore e personalità si risolve in termini di acuta sofferenza corporale – si pone al contempo come fuga da un giogo insostenibile e anche come reazione nei confronti d’una inaccettabile realtà.
E’ questa condizione ibrida, di vittima sacrificale (ostracizzata fino alla marginalità e alla morte) e di oppositore consapevole (che fa della rinuncia una critica al sistema), ad essere rappresentata da Fontana con veemente congruenza, spingendo gli osservatori a “prender posizione” attraverso una lettura intensamente simpatetica. L’identificazione emozionale ed affettiva con questi esemplari d’umanità dolente non comporta, infatti, un semplice coinvolgimento interiore dalle finalità catartiche, ma l’induzione d’una più ampia riflessione di sapore socio-politico, che prevede la presa di coscienza delle perverse e distorte logiche di cui è preda l’intera società.
Non mera espressione di pura “soggettività” – come è tipico di tanta arte contemporanea –, dunque, ma pittura “critica”, capace di farsi portavoce d’una motivata denuncia dichiaratamente finalizzata al disvelamentodell’effettivo “stato delle cose”.
La mostra, intitolata Catarsi e curata da Marco Cocciola, sarà visibile allo Spazio Almareni (di via Francesco Lo Jacono 13, Palermo) fino al 19 settembre, dal lunedì al sabato, dalle 17,30 alle 19,30.
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