di Giovanni Curatola
Lucio Battisti fascista? Boh…! Forse.. Probabile… La conferma ufficiale, come non si è mai avuta in tanti anni, non verrà certo fuori da quest’articolo. Ma se anche fascista lo fosse stato, e le tante coincidenze e supposizioni in merito diventassero d’improvviso prove inoppugnabili, che si fa? Prendiamo cd, vecchi vinili e musicassette dove sono incise "Emozioni”, “I giardini di marzo”, “Acqua azzurra, acqua chiara”, “Mi ritorni in mente”, “Un’avventura”, “Pensieri e parole”, “Una donna per amico”, “E penso a te”, “Ancora tu” e gli altri suoi capolavori, e li buttiamo nella spazzatura? Lo sradichiamo dal gotha della musica italiana, di cui è universalmente riconosciuto pilastro portante, sol perché un fascista, per definizione, è un essere indegno e incapace di creare qualcosa di bello e regalare emozioni?
Francamente che la “fiamma” e il “mare nero” citate ne “La canzone del sole”, il “bosco di braccia tese” de “La collina dei ciliegi” o le “discese ardite” (in “Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi…”) siano o meno metafore del fascismo, nulla cambia. Non essendo riferimenti politici espliciti, ma tuttalpiù solo intuibili da chi vuol vederli, non solo non necessitano di alcuna censura postuma, così come non la necessitarono 50 anni fa quando furono incisi, ma non sminuirebbero di un solo millimetro, ammesso se lo fossero, lo spessore di quei brani. I quali, per dirla come Marco Tuccillo (articolo su “Defend Italia” reperibile sul web) “continueranno ad affascinare chi alimenta la leggenda di un cantautore che mai si è chinato dinanzi le pretese di un mondo squallido e terribilmente schematico”. Fascista o meno, Battisti è stato un cantautore controcorrente, che ha avuto la forza e il coraggio di resistere alle imposizioni culturali della sinistra sessantottina, a non allinearsi ed anzi a controbatterla infarcendo le sue canzoni di concetti controcorrenti per i tempi in cui si inneggiava all'emancipazione, al sesso libero e alla trasgressione: la famiglia, le virtù, i sentimenti puri, le tradizioni. Insomma, un borghese, un reazionario, un “fascista” dunque, che alle parrocchie sinistroidi dei tempi proprio non andava giù. Ma i tentativi di sminuirlo sul piano musicale, e di infangarlo su quello personale (fu accusato di finanziare le frange più estremiste del M.S.I.) si infransero tutti contro l’eccelsa qualità dei suoi lavori e la sua irreprensibile moralità. E' stato ampiamente dimostrato come la sua (autentica) ammirazione per Almirante stesse ai presunti finanziamenti al M.S.I. come i cavoli alla merenda.
C’è tuttavia da puntualizzare che alla leggenda del Lucio Battisti fascista, alimentata ad hoc dagli ambienti culturali di sinistra per colpirlo, contribuì anche Lucio stesso. Che da un lato non la confermò mai, ma dall’altro nemmeno mai la smentì. “Alla domanda se fosse mai stato fascista – scrive Tuccillo - Lucio era solito sorridere e non rispospondeva".
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