Carte e Fossili Meccanici - Le scritture asemiche di Emilio Angelini15/12/2022

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Carte e Fossili Meccanici - Le scritture asemiche di Emilio Angelini15/12/2022

di Salvo Ferlito

Associare delle immagini chiaramente figurali a un’incomprensibile scrittura d’invenzione, non significa optare per un impianto “afasico” della narrazione né – tanto meno – voler imporre un invalicabile limite linguistico – più precisamente semantico – alla meccanica della comunicazione; piuttosto implica il suo opposto speculare, ovvero l’intenzione programmatica di esplicitare l’estensione pressoché illimitata delle capacità fabulatorie insite in immagini in tal modo impaginate. La grafica di Emilio Angelini – proprio in virtù di questo suo caratteristico binomio – ribadisce infatti, con raffinata e giocosa levità ma fermamente ed inequivocabilmente, la smisurata e inarrestabile forza espressiva di cui ogni segno (figurativo o meno) è portatore, senza il bisogno di scadere in moduli meramente illustrativi che necessitino di chiose o didascalie “leggibili”, dalle cogenti finalità di descrizione.
I disegni di Emilio “raccontano” con gran dovizia, nonostante la dichiarata “asemanticità” della scrittura che li pervade e circonfonde; anzi, è proprio a seguito del ricercato contrasto fra l’esibita “insignificanza” delle parole e la palese “chiarezza” delle figure, del patente cortocircuito visuale che ne deriva, che la “fabulazione” risulta ancor più intensa e penetrante, coinvolgendo l’osservatore nel pieno d’una trama fortemente evocativa, al cui sviluppo è chiamato a offrire – simpateticamente – il proprio contributo personale.
Una dinamica che si ripropone puntualmente a prescindere dai soggetti tratteggiati e dal lessico visivo adottato. E’ del tutto irrilevante, in effetti, che la scrittura “asemica” accompagni un’interferenza (sostanzialmente un’onda radio disegnata con modalità tendenzialmente astratte), dei macchinari fantascientifici, dei pesci o ancor più degli evanescenti omini (delineati tutti con un approccio inoppugnabilmente figurativo), quel che conta è la suadente armonia visiva che ne deriva; il potere di attrazione che scaturisce dall’amalgama compiuto fra la lieve poeticità delle raffigurazioni e la scrittura incomprensibile che le avvolge e le intride come in preda ad un horror vacui; l’idea che la parola inventata (forse prodromica di nuovi linguaggi ed espressioni) e l’immagine ben definita possano e debbano convivere in un connubio di reciproco rinforzo, in grado di allargare oltre il sembiante gli orizzonti del narrare immaginifico. Dato – quest’ultimo – che, con assoluta coerenza, Angelini manifesta a pieno anche nella sua caratteristica produzione di scultore.
Non solo vi ricorre l’allusione a lettere, ideogrammi e scritture del tutto immaginari (alcuni bassorilievi in materiale fittile richiamano alla mente i caratteri cuneiformi di mesopotamica memoria, costituendone quasi una versione aggiornata o una reinvenzione) ma vi si palesa soprattutto la radicata convinzione che priorità delle arti visive non sia unicamente la virtuosistica elaborazione di forme su una superficie piana o l’appropriato sviluppo di volumi nello spazio, bensì l’attitudine ad individuare un tema che funga da innesco immaginifico per una interazione comunicativa di grande impatto emozionale e di profonda intensità affettiva.
Certamente la scultura, con la sua totemica possanza, si presta maggiormente all’irruzione estetica nello spazio ottico dell’osservatore, inchiodandolo a una visione al contempo soggiogante e foriera di innumerevoli spunti narrativi.
I Fossili Meccanici (è questo il nome dato da Angelini alle sue sculture in terracotta), a una superficiale “lettura”, sembrerebbero soltanto gli idoli di un culto della macchina e della tecnologia affidati – come vestigia della nostra contemporaneità – a futuri ritrovamenti di carattere archeologico; e tuttavia al contempo – proprio per il loro essere “composti” da unità fra loro interrelate –, col loro aspetto di assemblaggi di ideogrammi frutto d’invenzione o comunque appartenenti a una lingua misteriosa e sconosciuta, paiono i vettori ideali di ineffabili e oscure narrazioni che proiettano l’osservatore in una dimensione altra, decisamente imperscrutabile e straniante, di cui però egli è vocato ad esser pienamente partecipe ed attore. Ancora una volta, dunque, ritorna l’ineludibile rapporto fra immagine che evoca e scrittura che allude – carattere fondante e costitutivo dell’intero ideare ed operare di Angelini –, in un equilibrato intreccio tutt’altro che sterilmente “asemico” ma piuttosto dalle innumerevoli, e sempre aperte, potenzialità semiche e narrative.
Novello aedo e suadente affabulatore, Emilio Angelini ribadisce come il valore e la forza dell’opera d’arte non risieda soltanto nel suo esser un “bel manufatto”, frutto di una raffinata “tékhne”, ma innanzitutto nel suo esser inconsunto strumento di fabulazione, “narrante veicolo” di idee ed intuizioni, destinato a letture molteplici e sempre nuove, non vincolate agli angusti limiti della stretta attualità.

La mostra Carte e Fossili Meccanici, curata dal gallerista Giacomo Maltese, sarà visibile negli spazi espositivi di via D’Amelio 28/30 (a Palermo) fino al 30 dicembre, dal lunedì al venerdì, dalle 11 alle 13 e dalle 17 alle 19.

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