LE SFERE DI MARIO LO COCO
17 settembre 2024
Al MUCEB (Museo della Ceramica di Burgio) l’Armonia delle sfere del monrealese Mario Lo Coco
Visione decisamente suggestiva, quella della <<armonia delle sfere>>, poiché rimanda ad una idea “apollinea” del “kosmos” inteso come sistema perfettamente ordinato e riflesso puntuale di un pensiero demiurgico e trascendente. Un universo regolato da precise proporzioni numeriche, che prevede – secondo le speculazioni degli antichi greci, da Pitagora a Platone ed a Tolomeo – un concluso ed eumètrico insieme di sfere concentriche di sostanza eterea (ognuna contenente un corpo celeste e con la Terra al centro) in grado di produrre – attraverso i propri moti circolari – un’autentica sinfonia di suoni impercettibili all’orecchio umano.
La matematica, dunque, come debita premessa e principio basilare della perfezione cosmica; come strumento atto a coniugare la dimensione più materialmente fisica con quella più ineffabilmente metafisica.
Non stupisce pertanto che un artista come Mario Lo Coco – particolarmente incline alla demiurgia per il suo essere plasticatore di argilla e quindi trasmutatore di materia bruta in forme dalle definite volumetrie e proporzioni – possa essere fortemente attratto da questo impianto cosmologico in cui confluiscono, perfettamente armonizzati, ciò che è visibile e contingente, poiché percepibile nella sua consistenza materiale, e ciò che sfugge all’umana percezione, in quanto attinente al puro e imperscrutabileambito della trascendenza.
Certo – volendo rispettare le conquiste della scienza – quella di Mario appare come una posizione decisamente anacronistica (pre-copernicana e pre-galileiana), più in linea coi modelli di pensiero premoderni che con quelli dell’attualità; e tuttavia – non essendo egli uno scienziato – essa risulta del tutto compatibile con un doveroso approccio artistico alla realtà fenomenica, fatto di elaborazioni liberamente visionarie che si sottraggono agli obblighi del rigoroso rispetto delle scienze esatte.
Sbaglierebbe però chi credesse che Lo Coco sia mosso esclusivamente da un “iperuranico” (e puramente estetizzante) anelito alla bellezza; sbaglierebbe perché nell’ideare e agire del Nostro prevale piuttosto l’esigenza più profonda di arginare e contrastare il caos circostante (inteso non solo in termini meramente stilistici o personalmente esistenziali, ma anche, e soprattutto, politici, economici e sociali), come a voler tracciare – col proprio gesto artistico – un “limen” chiaro e definito fra il “fuori” e il “dentro’’, fra un contesto ove tutto appare perniciosamente senza controllo e un auspicato universo in cui sembra dominare un appagante e qualitativo ordine di tipo fattivamente estetico. In tal senso, la sfericità e la circolarità (e quell’idea di proporzione ed armonia ad esse intrinseca) si ergono a simboli compiuti di tale aspirazione, consentendo a Lo Coco di dare una forma visibile e palpabile – plastica, per l’appunto – al proprio slancio “demiurgico” di artista e soprattutto d’uomo. Il tutto in perfetta e palese continuità con la tradizione visiva che proviene dal passato prossimo e remoto; con tutti quei preclari esempi offerti dal “museo”, che costituisono degli obbligati riferimenti cui ispirarsi e coi quali inevitabilmente dialogare.
Dal globo posto in mano agli imperatori romani a quello “crucigero” sorretto dai sovrani medioevali (evidente simbolo del dominio, prima pagano e poi cristiano, sul mondo intero), dal leggendario cerchio tracciato da Giotto (quale patente esempio del proprio virtuosismo) a quello non meno preciso che circoscrive il neoplatonico Uomo vitruviano di Leonardo (manifesto della perfezione divina riflessa nel corpo umano), dalla sfera partorita dall’utopistica progettualità di Boullée (il Cenotafio a Newton che incarna la volontà di palingenesi dell’Illuminismo) a quella, ben più concreta, pianificata da Quaroni per la nuova Gibellina (la cupola della chiesa madre, testimonianza di una palese rinascita urbanistica), tanti sarebbero gli esempi da potersi fare ed indicare, e tutti capaci di confermare il perpetuarsi nei millenni della pregnanza simbolica delle forme sferiche e circolari, e soprattutto in grado di ribadire quell’idea di “hortus conclusus” che in esse riecheggia e riaffiora sistematicamente sin dalla lontana antichità.
Nel solco di questo ideare si inscrive dunque l’operato di Mario Lo Coco; un operato che rilancia e conferma la centralità dell’estetica quale imprescindibile “strumento” di ripensamento e ridefinizione del contesto, a riprova – se ce ne fosse ulteriore bisogno – dell’intonso e perdurante ruolo di “coscienza critica” e di “guida” mantenuto ancor oggi dall’artista pur nel procelloso pelago della contemporaneità.
La mostra delle sfere plasticate da Mario Lo Coco, curata dal direttore Mariano Merlino, è stata visibile al MUCEB fino al 15 settembre.
di Salvo Ferlito
Foto ufficio stampa
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