PETROLIO, L'ORO NERO CHE SEMINA MORTE
02 marzo 2017
di Aldo Ferrara Massari
8 milioni! Tanti i decessi, ogni anno, per i cambiamenti climatici, stimati per difetto. A cosa attribuire infatti l’aumento della morbosità della malaria per effetto dello spostamento negli emisferi subtropicali dell’Anophele? Come dimostrare che aumenta la mortalità degli anziani per effetti dell’estremizzazione del clima?Estremizzazione non tropicalizzazione come i media erroneamente affermano. Come spiegare la mortalità per Ca polmonare, aumentata a circa 90 casi ogni 100 mila abitanti mentre nel 1951, epoca peraltro di fame e carestia post-bellica, era di soli 7 casi /100 mila? È dunque l’insostenibilità la cifra della nostra vita basata sul petrolio? La risposta, senza se e senza ma, checché ne dica Trump ed il suo arcimiliardario Segretario di Stato, Rex Tillerson e CEO della Exxon, è un drammatico SI.
Inquinamento e cambiamenti climatici stanno modificando la geofisica planetaria e ci costano un’enormità in termini di malattie e dissesto territoriale.
Se la dominante del XX secolo è stata la dipendenza dai derivati del petrolio, impiegati in ogni attività umana da quelle industriali alle domestiche e quotidiane, nel XXI secolo, il teorema post-capitalistico è un altro: maggiori sono i consumi, maggiore è la potenza contrattuale. Così l’oro nero ridisegna i confini della geopolitica, diventa sempre più foriero di guerre, malattie da inquinamento, causa di forti sperequazioni, da una parte, grandissime ricchezze, dall’altra, sconfinata povertà.
Di questi argomenti tratta il volume “La vita al tempo del petrolio” edito da un gruppo scientifico di ricerca, si badi bene, non un solo Autore. E’ lo European Research Group on Automotive Medicine (ERGAM) che lo promuove per Agorà & Co; Lugano che lo edita e lo sponsorizza.
Nella prima parte del volume lo scenario sviluppato è il drammatico cambiamento climatico per l’uso irrazionale di fossili. La Conferenza di Parigi (COP21) ha prodotto una risoluzione che il mondo civile aspettava ma difficile da realizzare perché gli interessi nel settore petrolifero sono duri a morire. Un mondo consapevole spera ancora che le energie alternative, finora utilizzate in percentuali irrisorie, entrino definitivamente nei nostri stili di vita, dedicando maggiore attenzione alla prevenzione delle tante patologie da gas tossici. Di petrolio dunque, si muore, perché produce gas tossici o venefici ma anche perché scatena le guerre.
Da Rockefeller all’Eurasia è passato poco più di un secolo, ma mai come adesso tutto sembra cambiare. Si può dire che ad ogni cambiamento epocale del XX e dell’inizio XXI secolo ha coinciso, o forse determinato, un panorama petrolifero diverso, sia in tema di estrazione sia di trasferimento.
Nella seconda parte, lo scenario è protagonista lo scacchiere dell’Eurasia, area dei scambi petroliferi sempre intensi. Una vasta regione composta da cinque Stati al centro di un cambiamento geopolitico epocale.
Guerra "guerreggiata" come stiamo osservando dalle cronache. Il contesto è l’attuale scacchiere del MO, squassato dalla guerra che si consuma nel nord Iraq e che ha superato, per dinamiche e gravità, la sempiterna contesa israelo-palestinese. Questa guerra asimmetrica, difficile da comprendere quanto ad agonisti ed antagonisti, si consuma dal 1990 su un territorio cruciale per il trasferimento di petrolio e gas verso l'Occidente. Area un tempo OPEC, ma ora con un tourbillon di rapporti (Iran, Turchia, Russia e USA), in mezzo l’ISIS.
Inoltre guerra, anche quella pesantissima, economico-finanziaria. Dopo il culmen del 2010-13, la crisi asiatica ha ridotto la domanda di greggio e per ultimo, concomita l’estrazione USA di shale oil. Il percepito collettivo si pone da tempo immemorabile una domanda: "perché il prezzo dei carburanti non scende malgrado il calo del petrolio a 30 $ (gennaio 2016)?" Risposta: Il gravame fiscale sui carburanti ed il profitto nell’ambito della filiera. Tassazioni visibili ed invisibili perché in Italia tutto può cambiare ma non il balletto delle accise.
E qui entra in gioco il ricordo del nostro Enrico Mattei che batté tutto il Medio Oriente ed oltre, alla ricerca di pozzi per fornire al consumatore italiano carburante al prezzo più basso e, argomento non da poco, dare d**ignità a molti Paesi sottosviluppati del Mediterraneo.
Enrico Mattei andò per il Mondo a cercare il carburante al più conveniente prezzo possibile per le piccole FIAT ma soprattutto le fonti energetiche necessarie per far ripartire l’industria. Il miracolo economico ha la cifra del cane a sei zampe.
Oggi, se si zooma sui Paesi 5 “stan”, crogiolo di fortissimo, eclatante sviluppo, ci si rende conto di quanto lontana sia l’epoca della steppa e delle gesta di Gengis Khan.
Il film “I tre giorni del condor” di Sydney Pollack, dedicato alle trame per il petrolio, è sempre attuale. Nel film, ambientato anni settanta, cadono numerose vittime ma oggi per il greggio si strangolano interi Paesi. Sarà scontato, ma il petrolio genera morte, violenta o clinica.
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