"Una pietra dall'aria" mafiosa
03 luglio 2016
di Pina D’Alatri
Romanzo intenso ed essenziale, affronta il tema della mafia e delle sue connivenze con il potere. Le contraddizioni e gli affanni di un mondo costretto a una sorta di collusione con il potere mafioso sono evidenti nella psicologia di molti personaggi, in generale umbratili e poco disposti ad un dialogo chiarificatore. Maria, Gino, Renzino, Antonio, Rita, costituiscono invece un esempio di impegno e di testimonianza civile con la loro onesta ricerca di verità, mossi dalla volontà di mettere a nudo, finzioni, ipocrisie e deformazioni di una società malata. Il difficile percorso conduce allo svelamento dell’intrigo malavitoso che evidenzia come la mafia, pur mantenendo il proprio codice di “principi”, sia in grado di adeguarsi al rapido mutamento dei tempi, alla ricerca di affari sempre più lucrosi. Il romanzo va letto con particolare attenzione all’aspetto paesaggistico e a quello sociologico. Il paesaggio è evocativo, favoloso e reale allo stesso tempo: sembra di vedere una galleria di dipinti, ricchi di colore e di fascino. Esso diviene elemento integrante della storia, quasi alter ego del personaggio e si trasforma in simbolo. La traversata in mare dello stretto è foriera di tristi vicende, il sole si affatica a farsi strada tra le nuvole; il passeggero Gino Roveri teme che il traghetto sia inghiottito dall’ombra ma all’improvviso gli appaiono, in una schiarita, le palme che agitano i loro ventagli quasi a dargli il benvenuto. Altro bellissimo scorcio paesaggistico è Scala dei Turchi, una falesia di tufo tenero calcinata da una luce lattea; Gino scende per un ripido pendio, quasi infiltrandosi nel cuore della terra, fino a raggiungere un inferno luminoso. Anche qui il simbolo fa prevedere il corso della vicenda: Gino scioglierà, attraverso prove difficilissime, un groviglio di vicende ingarbugliate e dolorosissime. La Cava della Tardara è il centro focale della vicenda (Tardara era il titolo originario del romanzo): un luogo selvaggio e misterioso, che racchiude in sé asprezza e fascino. Tardara è una ninfa dei luoghi, dalla bellezza sconvolgente al punto che chiunque la guarda perde la percezione del tempo; di lei s’innamora Ati, il dio del ruscello. Egli stregato segue la ninfa e tenta di bloccarne, invano, la fuga verso il mare con un masso. Morirebbe annegato dalle sue lacrime se Zeus, con un fendente, non tagliasse la roccia, creando una gola. Anche qui il simbolo, la gola profonda racchiude un inquietante mistero che produce tre morti misteriose(don Renzino, Menico Russo, Vito Zito) . Tuttavia non un dio, piuttosto una donna, troverà il coraggio, scioglierà i nodi e fuggirà lontano come Tardara. E’ da rimarcare, nella disamina dei luoghi, non solo la capacità descrittiva della scrittrice, ma anche la sua grande competenza botanica. Anche l’aspetto sociologico del testo conduce ad interessanti considerazioni. Il mondo che compare nell’opera è apparentemente diviso in due: quello degli onesti, dei sognatori, dei puri (Renzino, Gino, Antonio, il farmacista Merlini; le donne: Maria, Rita, Rosa) e quello dei malavitosi, affaristi senza scrupoli e criminali (quali il boss Don Pino Terrasini, detto il Maiale). In realtà, secondo la metafora di Carminati, malavitoso romano dei nostri giorni, c’è anche un mondo di mezzo: è proprio quella massa informe di gente connivente con il crimine, che si avvantaggia di qualsiasi losco andazzo; tace e rimpingua le proprie tasche. L’impianto narrativo del romanzo merita una particolare attenzione: il testo si legge tutto di un fiato, quasi una sorta di libro-inchiesta e proprio la tessitura dell’opera, così coesa e ricca di suspense, ha attirato l’interesse di qualche produttore per farne una riduzione cinematografica. La prosa è elegante, musicale, fluente con incastonati termini dialettali. La lucidità analitica, l’arrovellarsi del pensiero, la disamina attenta delle dinamiche sociali e politiche collocano la Cardillo sulla linea dei nostri grandi scrittori siciliani.
News » LETTERATURA E LIBRI | domenica 03 luglio 2016
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