La dea Tanit risorge
20 settembre 2016
di Pina D'Alatri
“La luna scomparsa” (Aulino Editore, 2016) è l’ultima fatica letteraria di Michele Barbera, noto scrittore di Castelvetrano. Il romanzo - primo classificato nel concorso di narrativa in giallo “La finestra su Furci 2015” - oltre a rivelarsi molto suggestivo sia per l’ambientazione che per l’intreccio, presenta un sapiente dosaggio tra gli ingredienti propri della giallistica e le connotazioni culturali afferenti all’archeologia e alla storia del territorio di Furci Siculo. Nei panni dell’investigatore intelligente e colto, ancora una volta c’è il maresciallo Massimo Liberti, laureato in filosofia e profondo conoscitore dell’animo umano. Da Roccapiana (in Abruzzo) dove svolge il suo incarico, Liberti viene mandato in missione in Sicilia per far luce su un caso complesso. Il suo impatto con questa terra è difficile: qui si trova avviluppato in mondo di luci e ombre dove la verità è parvenza e la finzione realtà. La conoscenza della filosofia gli viene in aiuto, suggerendogli un metodo giusto per interpretare i fatti e per svelare gli infingimenti della mente che si mascherano sovente dietro le parole. Tombeur de femme, galante ma sempre rispettoso e delicato, trova in Annamaria Moretti, affascinante archeologa, una gradevolissima “spalla” per risolvere il caso. Come tutta la Sicilia anche Furci e il suo entroterra sono stati attraversati, colonizzati e dominati da vari popoli quali Greci, Romani, Arabi, come è attestato dalla nomenclatura dei luoghi, dai reperti e dalle testimonianze. Meno documentato, seppur postulato, è il rapporto con i Fenici che diventano coprotagonisti del romanzo. La dea Tanit (la Baalat fenicia o Astarth, la Magna Mater dei Romani) la Triplice Luna, l’eterno femminino, simbolo della fecondità e il tophet dove si svolgevano i sacrifici rituali, soprattutto di bambini, muovono la vicenda in cui brulicano innumerevoli personaggi. Trafficanti di reperti, donne ammaliatrici, loschi figuri, frati- archeologi, comuni malviventi, si muovono tra la costa ionica e la zona delimitata a nord, dal torrente Pagliara a sud dal torrente Savoca. Tuttavia la location straordinaria, dove la suspense raggiunge il culmine è la contrada di Grotte, luogo dalla selvatica bellezza, appena toccato dal trascorrere dei secoli. Qui avviene lo scioglimento della vicenda, cui apporta un notevole contributo la furbesca monelleria del piccolo Totuccio. Il testo si presenta raffinato nella scrittura, con il sapiente utilizzo di termini ed espressioni del parlato siciliano che contribuiscono a creare un misurato folklore. La scorrevolezza del dettato, l’interessante tematica e l’intrigo ben dosato garantiscono una piacevole lettura.
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News » LETTERATURA E LIBRI | martedì 20 settembre 2016
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