DOPO PIAZZA FONTANA, IL RACCONTO DI LICIA PINELLI
11 dicembre 2016
di Mariangela Mombelli
“Dopo” è il breve, ma intenso racconto che Licia Pinelli fa della sua vita successiva alla tragica notte fra il 15 e il 16 dicembre 1969, quando il marito Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico invitato in Questura per accertamenti in seguito alla strage della bomba esplosa nella Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana il 12 dicembre, morì per un “malore attivo” precipitando da una finestra del quarto piano durante l’interrogatorio. I vertici della Questura milanese lo dipinsero come pesantemente implicato nell’attentato, riversando su di lui l’accusa infamante di essersi suicidato, a dimostrazione della sua colpevolezza. Ma non è del fatto in sé che Licia racconta nel libro, bensì del “dopo”, della sua ricerca di una normalità perduta dopo una ribalta tragica e mai cercata. Per chi ha conosciuto Milano negli anni bui della “strategia della tensione” i ricordi di Licia valgono più di un trattato di sociologia: pur nascendo dalla rabbia e dal dolore sono lucidi e profondi, sono il tracciato di una vita blindata dalla razionalità, dal senso di responsabilità verso se stessa e le figlie, dalla lotta per la giustizia e dalla testimonianza costante perché “tutti sappiano la verità”. Per Licia il “dopo” è il tempo della cura, della ricomposizione, della resilienza: è un “dopo” che ha potuto essere raccontato solo a distanza di tempo lasciando dipanare i fili aggrovigliati della memoria. Sullo sfondo della narrazione c’è sempre Milano e quel “mondo fuori”, spazio minaccioso coi suoi anni bui e le sue manifestazioni studentesche represse dalla polizia: a un anno dalla strage di Piazza Fontana la morte dello studente Saltarelli e poi quella di Roberto Franceschi lasceranno i milanesi sgomenti di fronte a un progetto eversivo che prendeva sempre più corpo. Ma è un “mondo fuori” che sa essere anche solidale e accogliente offrendo a Licia l’opportunità di un lavoro fuori casa e fornendole la possibilità di tessere rapporti con studenti, con compagni di Pino appassionati e con persone sconosciute che con le loro lettere dimostreranno vicinanza e voglia di giustizia. Non mancò il conforto di figure note, da padre Turoldo a Corrado Stajano, da Giovanni Testori a Enzo Jannacci, così come anche il linguaggio dell’arte cercò di sensibilizzare l’opinione pubblica con opere quali “Morte accidentale di un anarchico” scritto per il teatro da Dario Fo , o “I funerali dell’anarchico Pinelli” dipinto dal pittore Enrico Bay ed esposto a Palazzo Reale nel 2012. Il “dopo” di Licia è testimonianza: Licia è instancabile nel partecipare a incontri pubblici nei quali impara a vincere la timidezza e, soprattutto, a dibattiti con studenti, convinta che solo la conoscenza della verità può portare alla giustizia. Il suo “dopo” è anche fatto da una rete di relazioni amicali con donne sensibili e determinate come Camilla Cederna e Franca Rame o come Emilietta, vecchia socialista e staffetta partigiana conosciuta sul tram, con cui Licia intraprenderà viaggi per conoscere un “mondo fuori” ancora più lontano. “Dopo” è un libro toccante, intimo, sofferto con cui Licia Rognini Pinelli ci racconta come sia stato possibile elaborare un lutto senza ombre di rancore, ma fermo nel presidiare la figura di Giuseppe Pinelli da una parte e dall’altra nel ridefinire la propria esistenza perché non fosse per tutti “solo” la vedova Pinelli, diciottesima vittima della strage di Piazza Fontana.
L’ebook del libro, edito dalla Enciclopedia delle Donne, è disponibile al sito http://ebook.women.it/product/dopo-licia-pinelli/
Riceviamo da Marco Turolla questo scritto - a proposito dell'articolo di Mariangela Mombelli - e volentieri pubblichiamo.
Nei giorni della quarantesetteseima ricorrenza dell’attentato di piazza Fontana, vorrei spendere anch’io come l’amica Mariangela due parole sulla Milano di quei momenti…perché per un caso mi trovavo a duecento metri dal luogo della strage fascista ed anche perché vi morì una persona che conoscevo, anche se solo superficialmente.
Ripesco dunque nei miei ricordi di quindicenne: le sirene, le luci delle pantere ed ambulanze che sfrecciavano (si fa per dire, in centro a Milano non si può sfrecciare, tanto meno allora) nel buio del tardo pomeriggio; di come già dopo un paio d’ore si puntassero le dita di entrambe le mani sugli anarchici di via Scaldasole, che fino ad allora nessuno conosceva. Degli arresti a pioggia, senza neppure un perché plausibile, della orrenda morte di Pino Pinelli e di come fosse invece chiarissimo che si trattava di ben altro, che la matrice poteva essere solo di estrema destra: una destra squadrista, che a passare da piazza San Babila con l’Unità in tasca c’era da aver paura.
Ricordo i giorni a seguire, i cortei, le cariche della polizia: una pagina nera (una delle tante di quegli anni) che tuttora non ha una verità assodata, dopo un’interminabile quanto vana sequenza di processi.
Ecco: ai nostri figli e “a coloro che verranno” penso vada trasmessa la coscienza di quanto avvenne, della ricerca incessante non solo e non tanto degli esecutori ma della logica retrostante, delle attività dei servizi segreti, delle mille complicità istituzionali, del ruolo degli Stati Uniti, delle mille bugie e falsità inventate e diffuse.
maturolla@gmail.com
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