LA RESISTENZA AL FEMMINILE: GINA GALEOTTI BIANCHI
15 aprile 2017
di Mariangela Mombelli
GINA GALEOTTI BIANCHI
“Martedì 24 aprile 1945, le 3 e 30 minuti – Arrivano a Niguarda le due staffette, Gina Bianchi e Stellina Vecchio. Arrivano in bicicletta, devono consegnare ai partigiani dell’ospedale un pacco di volantini dove c’è scritto che è scattata l’ora di insorgere. Gina, nome di battaglia “Lia”, è una florida mantovana di Suzzara di trentadue anni, già una volta arrestata e seviziata a San Vittore, dove ha conosciuto suo marito, l’operaio Bruno Bianchi. E’ incinta di cinque mesi. L’azione delle due staffette è pericolosa: l’ospedale è interamente circondato da fascisti e tedeschi. Stellina e Gina pedalano controvento, le gambe nude, il cappotto scuro e pesante, i documenti nascosti sotto la gonna. “Pensa la bellezza”, dice Gina alla sua compagna. “Quando mio figlio nascerà non ci saranno più i fascisti”. Spera di vedere suo marito domani: “E’ un detenuto politico, vado io a liberarlo”.
Arrivano all’altezza di un camion tedesco che non si ferma all’alt e forza il blocco partigiano scaricando raffiche di mitra a ventaglio. Quando cessano gli spari, Gina non si rialza. Stellina si china su di lei, Gina non si muove. Stellina urla, chiedendo aiuto. Accorrono donne dall’osteria Sassetti. Arriva anche il dottor Bertuglia. Gina Bianchi è già morta” (da “L’alba che aspettavamo” di Edgarda Ferri). Basterebbero queste parole per ricordare Gina Galeotti Bianchi. Aggiungiamo che Gina aveva solo 16 anni quando cominciò la sua attività antifascista, che fu tra gli organizzatori a Milano degli scioperi del marzo 1943, ragion per cui venne arrestata e deferita al Tribunale Speciale. Che fondò a Milano i Gruppi di Difesa della Donna, un’organizzazione di massa - solo a Milano contava 50.000 aderenti -, nata per volontà del Partito Comunista con l’obiettivo di coinvolgere nel movimento resistenziale donne di diversa estrazione sociale e con diversi percorsi ideologici. Che nel suo coraggio è scritta una delle pagine più significative e commoventi della Resistenza italiana: “Lia” sapeva che il giorno dopo sarebbe stata un’alba nuova, che la libertà conquistata con la lotta avrebbe avuto il volto del figlio che portava in grembo. Niguarda, quartiere da cui ebbe inizio la liberazione di Milano il 24 aprile 1945, ricorda e rivive ogni anno la storia di Gina Galeotti Bianchi e delle donne resistenti dei suoi cortili, attraverso la rappresentazione teatrale “Nome di battaglia Lia” per la regia di Renato Sarti. Appuntamento quindi ai lettori milanesi per conoscere “Lia” al Teatro della Cooperativa dove lo spettacolo sarà in scena dal 25 al 29 aprile prossimi. Per saperne di più visitate il sito a questo link diretto www.teatrodellacooperativa.it
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