Sono un uomo fortunato. La vita mi regala esperienze avvincenti e mi permette di conoscere persone meravigliose. Una di queste persone che ho avuto modo di conoscere, Alex Zanardi, oggi compie gli anni. 52, per l’esattezza, che sono relativamente pochi se si pensa all’aspettativa di vita del genere umano ma che sono tanti per chi – come lui – ha rischiato di morire a 35. La storia di Alex la conoscete tutti e se per caso non è così vi invito a documentarvi, perché l’uomo che si diverte a superare tutti i limiti – i suoi e pure i nostri – merita di essere conosciuto. Per quanto mi riguarda, lo confesso, è stato il terribile incidente di 17 anni fa a farmelo conoscere e apprezzare. Un bel ragazzo che vince gare automobilistiche mi lascia indifferente; un uomo che con ironia si riprende quello che il Destino ha cercato di strappargli gode della mia imperitura stima. Sul prossimo numero del Guerin Sportivo uscirà l’intervista che gli ho fatto: mi piaceva l’idea di un post-ictato che intervista un amputato. Avevo ragione. Spero di essere riuscito a trasformare in parole le sensazioni che mi ha regalato. Per adesso, mi limito a fargli gli auguri e a proporvi l’incipit dell’intervista che uscirà in novembre. Non siate duri, nel giudicarmi: è difficile intervistare uomini così straordinari…
Tu, Alex, avevi 35 anni quando hai rischiato di morire. Io, più modestamente, ne avevo 47 quando venni raso al suolo da un ictus. Come lo spieghiamo alla gente che il male, quello che non ti uccide, quello che puoi raccontare, non viene per nuocere?
«Non è facile, però in effetti possiamo provarci. Partiamo dal presupposto che non basterebbero mille vite per imparare tutto quello che c’è da imparare e che tutti noi miglioriamo – o comunque dovremmo farlo – giorno dopo giorno. Certe esperienze accelerano il procedimento di apprendimento, mettiamola così. Affrontare avversità e venirne fuori è come frequentare un corso di vita… accelerato: se ce la fai, dopo sei equipaggiato per affrontare qualunque evenienza. Da questo ne consegue che dentro ogni cosa non c’è solo il “positivo” o il “negativo” e ognuno di noi può tirar fuori quello che preferisce».