AUGUSTO FRANZOJ - ESPLORATORE BHOEMIÈN
12 marzo 2020
di Gio Catena
Ci sono personaggi che segnano un’epoca senza che il loro coraggio o la loro personalità restino nella memoria comune. Uno di questi è Augusto Franzoj (1848- 1911), giornalista, esploratore e avventuriero dal carattere irruento, disinteressato e coraggiosissimo; un uomo che, con la sua vita, segna la fine di un'epoca: quella delle grandi esplorazioni solitarie, all’inseguimento dei sogni che nutrono una vita.
Nato a San Germano Vercellese, prima della sua partenza per l’Africa , avvenuta nel 1882, Franzoj vive una serie di straordinarie avventure. Aveva combattuto nella III guerra d’indipendenza, poi aveva preso parte al Patatrac mazziniano: un tentativo di insurrezione antimonarchica che gli era costato la detenzione nel carcere di Fenestrelle. Evaso, ripreso e quindi trasferito prima al forte di Rocca D’Anfo, quindi a Gaeta e infine a Venezia, dopo un tentativo di suicidio viene allontanato dall’esercito.
Trasferitosi a Torino, si dà al giornalismo: attività che, a causa dei suoi articoli graffianti, lo costrinse a battersi più volte in duello: una trentina in tutto (5 dei quali in 5 giorni). Cosa che gli costò il carcere e poi l’esilio in Svizzera, Francia, Belgio e Spagna.
Esuberante e incapace di adattarsi a una vita tranquilla, sempre alla ricerca di un qualcosa che ne potesse appagare il carattere esuberante, forse per questo comincia a pensare all’Africa come a un’alternativa. Capitava a molti in quegli anni, anche ad Arthur Rimbaud, il grande poeta francese che andò nel Continente Nero a fare il commerciante di armi, avorio e forse di schiavi.
Finalmente nel 1882 Franzoj parte con un amico, che però si ammala e lo abbandona. Allora si unisce a una carovana di commercianti greci diretti verso il Sudan. “Quanto durerà questo viaggio? – scriverà – e dove giungerò? Bah! Queste domande non debbo farmele. Andrò avanti, ecco tutto”. Lo spirito di Franzoj è tutto in queste parole: perché, in fondo, la meta non contava, contava l’avventura. In più, uno scopo Franzoj l’aveva: recuperare la salma di Giovanni Chiarini, esploratore partito nel 1876 per l’Africa al seguito della spedizione di Orazio Antinori, e morto a Ghera , in Etiopia, nel 1879, dov’era stato fatto prigioniero per volere della regina Gumitti.
Franzoj raggiunge Ghera nel 1884 dopo un viaggio avventuroso, durante il quale incontra carovanieri che lo depredano, ras locali che tentano di ucciderlo, stranieri traditori...Nonostante tutto, facendosi passare per una spia del negus dello Scioa Menelik, riesce a recuperare i resti di Chiarini e a riportarli in Italia, dove, tra interviste, conferenze e celebrazioni, li riconsegna alla famiglia.
Secondo Pietro Felter, diplomatico e commerciante italiano dell’epoca, l’“impresa” di Franzoj era costata 300 lire. Poca cosa rispetto alle 50.000 lire richieste dal conte Pietro Antonelli, pur garantito da appoggi in Italia e in Etiopia. Forse per questo, per un senso di invidia, Antonelli stesso, nel 1883, in una lettera al Ministro degli affari esteri Mancini, parla di Franzoj come di un tipo “senza il becco di un quattrino, attaccabrighe e superbo”. Franzoj in realtà non era un esagitato, ma Antonelli in fondo non si sbagliava: la Storia gli dava ragione
Quel modo di viaggiare straccione ed eroico non serviva più ad aprire strade commerciali. Si trattava di politica e di colonie e per quello ci volevano organizzazione, soldi, contatti. Franzoj ben presto lo avrebbe capito. Dopo aver cercato invano di raccogliere ulteriori successi con altri viaggi , tra cui uno in Amazzonia , comprende che per lui non c’è più posto: l’epoca degli eroi liberi e solitari era finita.
Così, la mattina del 13 aprile 1911, si spara alla testa con due pistole. Non aveva compiuto 63 anni. Solo 12 giorni dopo, anche il romanziere Emilio Salgari si sarebbe ucciso facendo harakiri. I giornali, che ricordavano ancora il funerale di Franzoj, celebrando Salgari scrissero che si era dato la morte “un altro cervello infiammatosi alle visioni fantastiche dell’Africa Nera e dell’Oriente fiammeggiante”. Quel mondo, più fantastico che reale, era sfumato, come le anime dei suoi grandi inventori.
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News » PERSONAGGI | giovedì 12 marzo 2020
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