VENT'ANNI SENZA LADY D
31 agosto 2017
di Raffaella Bonora Iannece
Era la notte fra il 30 ed il 31 agosto 1997, passata da poco la mezzanotte, Lady D correva a bordo della Mercedes S28 con il suo compagno Dodi Al – Fayed, l’autista e la guardia del corpo. Avevano appena lasciato l’Hotel Ritz di Parigi, in Place Vandome, stavano seguendo la riva destra della Senna per arrivare all’appartamento privato di Dodi, imboccano il tunnel del Pont de l’Alma inseguiti da un’orda di fotografi, la loro auto si schianta contro il tredicesimo pilastro della galleria. La vita dell’autista e di Dodi si spezza in quell’istante, la guardia del corpo, l’unico con la cintura di sicurezza, si salva, Diana viene estratta viva dalle macerie, trasportata di corsa all’ospedale Pitié – Salpetrière, morirà due ore più tardi. La conferenza stampa per l’annuncio della morte della principessa viene fatta alle 5.30 del mattino.
Questa è una scena che è rimasta ben impressa nelle nostri menti, il funerale pubblico, che doveva essere privato in quanto Diana non era più Altezza Reale ma il dolore del popolo fece si che si celebrasse pubblicamente nell’Abbazia di Westminster, le lacrime, il dolore per la perdita della principessa tanto amata, i fiori sul suo feretro, i tre milioni di cittadini per le strade di Londra, le accuse contro la regina che, nella sua tenuta scozzese, rimaneva indifferente al lutto, gli attacchi della stampa, la bandiera a mezz’asta, il discorso della regina Elisabetta in diretta televisiva il 5 settembre del ‘97, il giorno prima delle esequie, dove definì Diana “un essere umano straordinario che nei momenti felici come quelli di sconforto, non aveva mai perso la capacità di sorridere o di ispirare gli altri col suo calore e la sua bontà”, i luoghi che divennero meta di pellegrinaggio dopo la sua dipartita, fra i tanti i cancelli dorati di Kensington Palace, dimora di Diana, il toccante discorso del fratello durante il quale disse "Diana era l'essenza stessa della compassione, del dovere, dello stile, della bellezza. In tutto il mondo era considerata simbolo di umanità ed altruismo, portabandiera dei diritti degli oppressi.
Una ragazza tipicamente inglese, che trascendeva la nazionalità; una donna dalla nobiltà innata, che andava oltre le classi sociali, e che ha dimostrato negli ultimi anni di non aver bisogno di un titolo reale per continuare a generare il suo particolare tipo di magia", le accuse contro la famiglia reale, contro Elisabetta e contro lo stesso Carlo - La biografa reale Sarah Bradford commentò: "L'unica cura per la sua sofferenza (di Diana), sarebbe stata l'amore del principe di Galles, un qualcosa che lei desiderava ardentemente ma che invece le è sempre stato negato. L'incomprensione del marito è stata la bocciatura finale: il modo in cui Carlo la denigrava costantemente l'hanno ridotta alla disperazione". Diana stessa disse: "Mio marito mi ha fatto sentire inadeguata in ogni modo possibile, ed ogni volta che riuscivo a sollevarmi il suo atteggiamento mi spingeva nuovamente verso il baratro" – . Tutto questo, negli ultimi vent’anni, ci ha perseguitato, è stato l’eco costante dietro il nome di Diana. Eppure, dopo vent’anni dalla sua morte, non è necessario ricordare esclusivamente la tomba nella proprietà privata di famiglia, il corpo morto nell’abito nero a maniche lunghe di Catherine Walker e il rosario regalatole da Madre Teresa, stretto fra le dita per l’eternità. Diana si spense in giovanissima età, era nata 36 anni prima, in un tardo pomeriggio del 1^ Luglio del 1961, a Sandringham dal Visconte e dalla Viscontessa di Althop, quarta di cinque figli. Quella degli Spencer era una delle famiglie più antiche della Gran Bretagna, strettamente connessa alla famiglia Reale, quando nacque Diana speravano in un figlio maschio che portasse avanti il cognome siccome, prima di Diana, il piccolo John Spencer era morto solo dieci ore dopo la sua nascita, un lutto terribile che, forse, causò anche la fine del matrimonio fra i genitori di Diana. Crebbe con due sorelle e il fratello – Sarah, Jane e Charles – a Park House, nei pressi della residenza Reale di Sandringham che di solito la famiglia Spencer fittava. I suoi genitori divorziarono quando la piccola aveva soli 7 anni, la madre lasciò il padre per seguire l’amante – nel libro di Andrew Morton si legge, a riguardo “Lord Althorp che caricava diverse valigie in macchina, e lo scricchiolio della ghiaia del piazzale mentre Frances, a bordo dell’auto, oltrepassava i cancelli di Park House”, ricordo di Diana riguardante tale episodio spiacevole -.
Inizialmente la piccola visse con la madre a Londra ma, successivamente, il padre riuscì ad ottenere la custodia della figlia che, alla morte del nonno, ereditò il titolo di Lady ed il padre quello di Conte Spencer. Lady D. era una ragazza come molte altre, nonostante i suoi natali illustri, frequentò una scuola pubblica, poi il Colegio Riddleaworth Hall, non era un’alunna brillante, fu bocciata due volte all’esame di maturità, ma eccelleva nella danza, nel nuoto e, soprattutto, nella musica e nel pianoforte, timida e tranquilla, si fece notare soprattutto per il suo altruismo e per l’amore verso i bambini. Dopo il soggiorno svizzero presso una scuola di buone maniere, e il naufragio del suo grande sogno di diventare ballerina della Royal Ballett (era troppo alta), tornò a Londra, stabilendosi, con tre coinquiline, nell’appartamento che sua madre lasciava vuoto durante i soggiorni scozzesi, lavorando come qualsiasi comune mortale. Diana fece molti lavori, prima di diventare principessa a tempo pieno, fu insegnante di ballo per bambini (disciplina che abbandonò in seguito ad un trauma alla caviglia), lavorò in un asilo, fu governante a casa di sua sorella Sarah, hostess alle feste e addirittura tata per una famiglia americana. Forse è da tutto questo che derivava il suo altruismo, la sua bontà, la capacità di comprendere i meno fortunati, gli emarginati, i poveri, o, forse, fu proprio la sua empatia che la spinse ad una vita così diversa da quella che si immaginerebbe per una giovane di sangue blu.
Fatto sta che nel 1977 conobbe l’uomo che le avrebbe cambiato la vita: Carlo. Erano ad una battuta di caccia, l’erede al trono all’epoca frequentava la sorella, Sarah Spencer, aveva circa trent’anni ed era sottopressione perché, data la sua posizione, doveva necessariamente trovare una moglie di buona famiglia il prima possibile. L’anno dopo i due si lasciarono ma il Principe invitò ugualmente Sarah e le sue sorelle al suo trentesimo compleanno e la regina invitò Sarah e Diana ad un’altra battuta di caccia nel ’79. Fu nell’80 che però Carlo notò davvero Diana, erano ad una festa in una tenuta di un amico e l’allora giovane Spencer avvicinò Carlo per porgergli le condoglianze per uno zio ucciso da un gruppo terroristico. Carlo fu colpito dalla gentilezza, dai modi raffinati, dall’eleganza e dalla comprensione di Diana e così la invitò al Royal Albert Hall per assistere al Requiem di Verdi (non senza uno chaperon, in questo caso la nonna di lady D., stiamo pur sempre parlando della famiglia Reale e non di un caffè fra due colleghi di lavoro). Da allora fu un’ascesa di inviti, pary, vacanze, fino alla proposta di nozze il 6 febbraio 1981 al Castello di Windsor. Il fidanzamento fu ufficialmente annunciato da Buckingham Palace il 24 febbraio e Diana si scelse un anello in oro bianco con 14 diamanti disposti intorno ad un enorme zaffiro da 12 carati direttamente dal catalogo della gioielleria Gerrard (anello che oggi possiamo vedere sulla mano della Duchessa di Cambridge, moglie del principe William). Fin qui una vera favola moderna, fatta di viaggi, di residenze nobiliari, partite di polo, battute di caccia, teatri, feste sontuose e lussi sfrenati. Eppure, subito dopo l’annuncio, Diana andò in vacanza per dieci giorni con sua madre e il patrigno, in Australia, consapevole che sarebbe stato l’ultimo periodo di pace. Tornata a Londra iniziò il suo calvario, la vita di Diana venne totalmente sconvolta. Abbandonato il suo appartamento, si trasferì in una suite a Buckingham Palace dove venne istruita sul protocollo reale, ma la Lady dimostrò presto il proprio anticonformismo. Durante il primo ricevimento al braccio di Carlo indossò un abito di chiffon nero che scandalizzò tutti non solo per il colore, ma, soprattutto, per la profonda scollatura. Fu la principessa Grace di Monaco a consolarla, nel bagno delle signore, e la mise in guardia dalla pressione mediatica, perché “sarebbe andata sempre peggio”.
Finalmente il giorno delle nozze, era il 27 Luglio del 1981, Diana indossava un abito di taffetà e seta avorio, arricchito con pizzi antichi e con uno strascico lungo ben 7 metri. Furono delle nozze da favola: 2000 invitati nella chiesa di San Paolo a Londra – preferita alla tradizionale Abbazia di Westminster proprio per il maggior numero di posti a sedere- , trasmesse in mondovisione, seguite da 750 milioni di spettatori, 600.000 persone per le strade della capitale britannica, Lady D. emozionatissima e tesissima, invertì i nomi del principe all’altare (“Filippo Carlo” invece di “Carlo Filippo”) e, importante segno che sottolineava il carattere fiero di Diana, d’accordo con il futuro marito, non espresse voto di ubbidienza allo sposo. Presto arrivò il primo erede, era il 21 Giugno 1982 e William Arthur Philip Louis fu il primo principe a nascere in un ospedale pubblico. Diana non si faceva piegare facilmente e, nonostante le pressioni per partorire a palazzo, com’era sempre stato, lei fu irremovibile, avrebbe partorito come tutte le altre mamme. Durante la gravidanza rischiò anche di perdere il bambino, a seguito di una brutta caduta alla dodicesima settimana, all’epoca si pensò ad un incidente, col senno del poi si vedono, in quella caduta, le prime avvisaglie di una crisi matrimoniale, una moglie che cerca di attirare le attenzioni di un marito che troppo spesso la lascia sola a casa per andarsene a caccia, magari. Ma l’episodio passò in sordina e, due anni dopo, nacque Harry Charles Albert David, il 15 settembre 1984, dopo un periodo particolarmente florido per i due neosposi. Fu definita da tutti come una madre esemplare, devota, affettuosa, intransigente per quanto riguardava l’educazione dei suoi pargoli, lei scelse i nomi, la governante, la scuola e li accompagnava come qualunque altro genitore. Lei aveva il pieno controllo sulla vita dei figli, dai vestiti alle cerimonie alle quali partecipare, non permetteva alla casa reale di metter bocca sui suoi bambini. Furono anni pieni, fatti di molti doveri, visite ufficiali, viaggi, col marito e senza, per adempiere agli obblighi reali. Il popolo impazziva per questa donna, l’occhio della stampa era sempre puntato su di lei. Furono gli anni in cui ricoprì cariche importanti per diversi enti di beneficenza, gli anni delle apparizioni pubbliche in ospedali, scuole, strutture varie, partecipò a numerose raccolte fondi, infaticabile operatrice benefica, fu madrina, rappresentante e presidente di molte associazioni per malati di tutto il mondo, per la difesa degli animali, prevenzione dell’AIDS, per gli anziani, i giovani, i minori, si schierò anche contro l’uso di armi da fuoco. Lady Diana era, in quegli anni, un'importante presenza sulla scena mondiale, ed è spesso stata descritta come "la donna più fotografata del mondo". Divenne famosa, insomma, non tanto per la carica nobiliare che ricopriva ma per la sua compassione, il suo stile, il suo carisma, nonché per le numerose opere di beneficenza a favore dei più sfortunati.
Nell’83 confidò al Primo Ministro di Terranova e Labrador: “Trovo davvero difficile affrontare le pressioni dovute al mio ruolo di principessa di Galles ma sto imparando a gestirle”, e infatti nel ’93 fu costretta a ridurre le sue apparizioni pubbliche al fine di coniugare “il suo significativo ruolo pubblico con una vita più riservata”. Gli anni ’90 d’altronde sono stati quelli della crisi matrimoniale, l’incantesimo si spezzò la carrozza ridiventò una zucca. Entrambi ammisero il proprio fallimento e rivelarono una difficile convivenza sin dal 1985. Diana aveva iniziato una relazione con il suo istruttore di equitazione, il maggiore James Hewitt, il principe nel frattempo era tornato dalla sua vecchia fiamma Camilla Parker – Bowles. Nel ’92 l’ultimo velo sul matrimonio più chiacchierato dell’anno, cadde con la pubblicazione del libro “Diana – La sua vera storia” di Andrew Morton, dove l’autore fa luce sulla sua infelicità, i suoi tentativi di suicidio a causa dell’indifferenza del marito, Diana dichiarò di aver sofferto di depressione, arrivando anche all'autolesionismo e di bulimia nervosa fin dai primi anni di fidanzamento a causa dell’enorme pressione mediatica. Un’enorme crepa lungo la scarpetta di cristallo della nostra principessa, una crepa per la quale il dito fu puntato contro l’intera famiglia reale. Iniziò una vera tempesta mediatica, senza esclusioni di colpi, con tanto di registrazioni illegali fra la coppia reale e i loro amanti, un brodo di ingiustizie, colpi bassi, chiacchiere e invadenze di ogni sorta, un bagno di sangue nel quale guadagnarono giornali, riviste, e anche la tv con l’uscita di una serie televisiva tratta dal libro di Morton e, successivamente, il film “La principessa triste”.
Nel ’92 fu annunciata la separazione ufficiale e Diana si ritirò dalle scene pubbliche, Carlo ammise che la relazione con Camilla durava dall’86 ma specificò che il matrimonio con Diana era già finito. Nel ’95 la regina spedì una lettera ad entrambi dove esigeva il divorzio, che venne ufficializzato l’anno dopo, l’ex moglie di Carlo ricevette 17 milioni di sterline di buonuscita e, come capita sempre nei matrimoni di questo calibro, firmò un documento dove si impegnava al silenzio riguardo ogni accordo preso. Mantenne l’appartamento che aveva diviso col marito, inizialmente frequentò un cardiochirurgo di origine pakistana, Hasnat Khan che, secondo alcuni amici fu “l’amore della sua vita”, ma la storia finì e, dopo poco, Diana iniziò a vedere Dodi Al – Fayed, figlio di Mohamed Al – Fayed, che invitò lei e i suoi figli a trascorrere l’estate nella sua villa in Francia. L’ultima foto, scattata poco prima della sua morte, che ci è rimasta è quella di una Diana ancora attiva nel sociale, combattiva, impegnata nella lotta per i diritti dell’uomo, è la foto di una donna che percorre un campo minato in Angola con giubbotto antiproiettile e casco balistico. Per questo scatto fu accusata di ingerenza politica e definita “mina vagante”. Prima di morire riuscì ad incontrare la sua guida spirituale, Madre Teresa di Calcutta, nel Bronx, lei era a Whasington per una campagna contro le mine antiuomo.Nel 1999 il Time ha inserito il nome di Diana tra le 100 persone più importanti del XX secolo. Nel 2002, la principessa di Galles si è invece classificata al 3º posto nel sondaggio della BBC sui 100 britannici più importanti, scalzando la Regina e altri monarchi inglesi.
Quel tragico 31 agosto del 1997 si è spenta per sempre quella “candela esposta al vento”, come cantò Elton John al suo funerale, era una donna forte, con le sue debolezze, orgogliosa dietro quel sorriso affascinante e quello sguardo penetrante, uno “spirito libero” uccisa, forse, anche dal peso di una vita non facile da gestire, in età così giovane. "Fai un gesto di gentilezza senza pensarci, senza aspettare una ricompensa, ma con la certezza che un giorno qualcuno farà lo stesso per te". Perché "la malattia peggiore del mondo è sentirsi non amati". Addio Lady D, esempio per l’umanità, nella speranza che il tuo ricordo sia sempre vivido e che i tuoi insegnamenti possano giovare a tutti noi.
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News » PERSONAGGI | giovedì 31 agosto 2017
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