IL MASCHIO ALFA ESISTE DAVVERO
09 agosto 2017
di Anna Isabella Sanna
Non c'è competizione in cui un maschio alfa abbia rivali, che si tratti di una disputa per il controllo del territorio o di un corteggiamento per conquistarsi la donna migliore. E non c'è femmina, nel mondo animale così come fra gli umani, che non lo sappia riconoscere a prima vista: quando entra in una stanza cambia tutto, il resto scompare e rimane lui. Ebbene, il destino potrebbe non essere scritto alla nascita. Maschio alfa forse si può diventare, semplicemente accendendo un interruttore nel cervello.
Nei topi funziona: basta 'stuzzicare' questo circuito neurale, con una fotostimolazione geneticamente mirata, per trasformare un esemplare perdente in un vincente. Da Clark Kent, ragazzo timido e un po' imbranato, a Superman l'eroe imbattibile. L'esperimento è pubblicato su 'Science', firmato da Tingting Zhou e colleghi del Shanghai Institute for Biological Sciences dell'Accademia delle scienze cinese. Se il risultato sia replicabile nell'uomo ancora non viene specificato, ma per quanto riguarda i topi gli autori parlano di un "effetto istantaneo". E addirittura "persistente" nel caso in cui per agire sul circuito neurale bersaglio si utilizzi l'optogenetica, una sorta di 'terapia della luce' diretta contro cellule manipolate geneticamente. Nel regno animale - ricordano gli scienziati del Paese del Dragone - i maschi di molte specie competono fra loro per definire un sistema sociale gerarchico, in altre parole per mettere in chiaro chi comanda e chi obbedisce. Esiste anche un 'effetto-vincitore', in virtù del quale ogni volta che un esemplare ha la meglio su un proprio simile aumentano le probabilità che lo sconfigga anche nello scontro successivo. Un'area cerebrale detta corteccia prefrontale dorsomediale (dmPFC) era già stata associata alla regolazione a lungo termine della condizione di dominanza sociale, ma il meccanismo preciso dell'effetto-vincitore restava sconosciuto. Per far luce su questo punto, il team cinese ha esaminato dei topi impegnati in un classico test di dominanza sociale: due roditori faccia a faccia in un tubo di vetro, che si confrontano per capire chi è il più forte. I ricercatori hanno registrato la frequenza di particolari comportamenti - spingere l'altro o respingerlo, resistere o battere in ritirata - monitorando al contempo l'attività dei neuroni della zona dmPFC. Così facendo hanno scoperto un particolare gruppo neurale che risultava più attivo in corrispondenza degli atteggiamenti di dominanza. Hanno quindi provato a inibire questo circuito con un farmaco ad hoc, verificando che nel giro di qualche ora i comportamenti dominanti si indebolivano a vantaggio degli atteggiamenti di sottomissione. A questo punto, Zhou e il suo gruppo hanno usato tecniche di optogenetica per stimolare in modo continuato i 'neuroni del vincente' durante un nuovo test di dominanza sociale. Ed ecco che "istantaneamente", nel 90% dei casi, i topi che prima perdevano si prendevano la loro rivincita. Il 're' diventava 'suddito' e viceversa, senza che il trattamento utilizzato incidesse sui livelli d'ansia né sulle performance motorie. <<Un fatto significativo - rilevano gli scienziati - è che stimolare questi neuroni nei test di dominanza sociale durante una giornata condizionava i risultati dello scontro anche nel giorno successivo>>, e che la 'terapia' ha permesso di riprodurre l'effetto-vincitore: i topi che si erano guadagnati più di 6 vittorie fotostimolate mantenevano tutti il loro nuovo status, mentre con meno di 5 'l'incantesimo' svaniva. Superman tornava Clark Kent.
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News » RICERCHE E STUDI | mercoledì 09 agosto 2017
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