“INDIETRO TUTTA”: GENIALATÀ DI ARBORE

22 dicembre 2018

La tv di una volta mai più ripetuta

di Giovanni Curatola

Per mia nonna (e non solo) Indietro Tutta era un contenitore di scemenze, un’oretta che (contrariamente a me che in quelle vacanze natalizie 1987/88 dormivo spesso da lei coi cugini di Milano, obbligandola a vederla in tv) le strappava pochissime risate. Per me, ragazzino appena sbarcato al liceo, quel programma era invece un’autentica genialata. E litigavamo in merito. Quindi le cose erano due: o ero io talmente cretino da magnificare quell’oretta serale così stupida e banale (andava in onda su Rai2 dal lunedì al venerdì alle 22.30), o era lei a limitarsi a un giudizio superficiale perché di quel programma non coglieva lo spirito. Con estrema umiltà non escludevo la prima ipotesi, ma la critica e l’enorme successo che riscontrerà poi quel programma televisivo darà pienamente ragione al sottoscritto. Eppure, l’ormai buonanima di nonna Anna tutti i torti non li aveva. In quell’orgia di musichette, colori eccentrici, luci sgargianti, vestiti bizzarri e carnevalate simili, lo spessore della maggior parte delle battute e di Arbore, Frassica e di altri personaggi del programma, poteva a primo acchito apparire banale, mediocre, fine a se stesso. Invece era tutto funzionale allo spirito di quel programma, ossia un livello estremo di satira a cui non si era ancora spinto nessuno, una robusta presa per il sedere a tutto e a tutti: ai politici, ai giochi a quiz delle altre emittenti televisive, alla polizia, al campanilismo fra italiani del Nord e del Sud, ai prodotti commerciali, all’ipocrisia di un certo modo di fare televisione, alla scuola, al festival di Sanremo (febbraio '88), finanche al fascismo. Si, perché una sigla infarcita di frasi tipo “Aspetta e spera…” (mutuato dal ritornello di “Faccetta Nera”), “compatti verso i premi marceremo!” o “alla conquista del quiz partiremo!”, per poi finire col famoso “vincere e vinceremo!” altro non è -per stessa ammissione di Arbore - che una parodia delle marcette di allora, a significare (biasimando) che l’obiettivo del popolo italiano di una volta (le fortune della Patria) era ora diventato il mucchio di soldi elargiti a mani basse dai facili giochi a quiz delle tv. La gara perpetua Nord-Sud avrebbe ridicolizzato la futura Lega Nord e le sue idee secessioniste della Padania. Frassica metteva alla berlina i presentatori delle altre emittenti, e dietro le sue battute apparentemente banali c’era una critica alle tv commerciali e alla loro falsa illusione di far sentire il telespettatore protagonista anziché vittima impotente, più sagace di qualunque testo di moralismo. Il “Cacao meravigliao”, sponsor inventato ad hoc, era la ciliegina di tale sfottò. Arbore si faceva beffa di polizia, scienziati e politici di ogni corrente, mentre le “ragazze coccodé” anticipavano, sfottendosi e sfottendo, già sul nascere, quella moda tette e culi di “veline” e “letterine” che sarebbe venuta dopo. A tutto c’era un perché. La più scontata delle battute aveva un bersaglio, più o meno palese. Il dialogo apparentemente più stupido celava una sottile satira. La canzoncina più banale portava un messaggio. E anche quando non riuscivo a coglierlo (capivo e sapevo di politica, costume e società quanto può capirne e saperne un 15enne), bastava la sua atmosfera goliardica a divertirmi e a sfidare di nascosto mamma e papà per restare sveglio fino alle 23.30, quando il programma finiva. Ma la scuola, l’indomani, non ricordo ne abbia mai risentito. Ecco perché ancor oggi quando mi imbatto nelle note di “La vita è tutta un quiz” o “Vengo dopo il tg”, mi si rimescola tutto dentro. Perché quelle note sono i miei qiundici anni spensierati, le risate e le avventure coi compagni di classe (con cui quotidianamente scherzavamo sulla puntata della sera prima), le feste natalizie coi cugini, le emozioni del mio primo Palermo visto allo stadio (era solo C2, ma il primo amore non si scorda mai). Insomma, la colonna sonora di quei mesi allegri. Si, mesi. E solo 3. Il programma infatti finì presto. Iniziato nel dicembre del 1987, finì a marzo 1988. Volle morire in piedi, all’apice del successo, Quando Arbore capì che l’effetto novità stava svanendo e le migliori cartucce se l’era già sparate, anziché proseguire rischiando un’inevitabile fase discendente che offuscasse la gloria raggiunta dal programma, chiuse bottega. Come fece pochi mesi prima Platini, ritiratosi in anticipo dal calcio. Come farà Papa Ratzinger, allorché eviterà di continuare un pontificato che senza più le sue energie passate si sarebbe trascinato stancamente. Insomma, col tempismo e la lungimiranza che solo i grandi, ciascuno nel proprio ambito, sanno avere. 

 

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